Giunto a metà scala, si accorse che la signora Judd era rimasta ferma nel vestibolo, più spaventata e confusa che mai. Aveva cercato di liberarsi in parte della sua amarezza facendo soffrire la donna come lui soffriva; ma non servi a niente. La responsabilità ricadeva su di lui, qualunque fossero gli strumenti involontari che si erano trovati sul cammino. Si voltò e disse, sforzandosi di essere gentile: — Se i poliziotti vorranno sapere qualcosa, signora Judd, faranno delle domande. Perché precipitare le cose? — e salì nella sua stanza.

I poliziotti avrebbero certo voluto sapere perché lui aveva chiesto alla signora Partridge di ritornare a Chauncy, scoprendo così il suo interessamento al caso Mallow, che consideravano già chiuso, avendolo classificato come un incidente. Si sarebbero subito inalberati al minimo accenno che le loro ricerche non fossero state condotte a fondo. E così Annabelle sarebbe stata discolpata per la seconda volta, e l'arma della quale lui sperava di servirsi per vendicare Martin sarebbe stata inutile.

Salvo che, naturalmente, si scoprisse che Annabelle si era trovata nelle vicinanze del Willet's Pond la notte precedente.

Con sorpresa, Torrant si rese conto di non conoscere quasi nessun particolare di quella morte, da lui provocata. Non sapeva, per esempio, se fosse stata recuperata la borsa della donna. Mancando il tempo per spedirle il denaro del viaggio, lei se l'era fatto prestare dalla sorella di Lynnfield. Che non avesse avuto denaro per pagare la corsa del tassì?

Intanto, prima o poi, avrebbe dovuto incontrare la signora Watts, che era stata così restia a dargli l'indirizzo della sorella, e ormai doveva essere al corrente di tutto.

Torrant si concesse un bicchierino, senza gustarlo, prima di uscire. Gli balenò il pensiero che forse la signora Partridge, malgrado i dubbi espressi nella loro conversazione telefonica, sapesse qualcosa di grave sul conto di Annabelle Blair, magari avesse la chiave del mistero di quello strano testamento e della morte fortuita di Louise e Gerald Mallow. Il che era una bella beffa in questo grigio mattino che il suo corpo era stato pescato dallo stagno ghiacciato.

 

L'automobile della polizia era ferma davanti alla casetta gialla della signora Watts; meglio qui che dalla signora Judd, pensò Torrant guardandola di sottecchi. Percorse il breve sentiero bordato di lillà, bussò e immediatamente gli fu aperto da un ragazzo alto, con un gran ciuffo di capelli sulla fronte, che gli era già stato presentato come un nipote. Questi si spostò senza parlare, e con qualche parola di scusa lui entrò nel minuscolo vestibolo.

Nella sua visita precedente non aveva osservato l'ambiente. Una rampa di scale, dagli scalini coperti di linoleum, cominciava subito di fronte alla porta d'ingresso, sulla destra l'uscio scuro della cucina stava chiudendosi alle spalle del ragazzo. Sulla sinistra un mormorio soffocato in una stanza, che certamente doveva essere il salotto, rompeva il silenzio della casa, quella particolare assenza di vita che accompagna l'annuncio della sventura.

Torrant si diresse verso l'uscio socchiuso e, in mezzo a una profusione di tavolinetti, di rigide poltroncine, stipetti e piante in vaso vide, seduti di tre quarti, la signora Watts e un poliziotto. Evidentemente credevano che il ragazzo avesse rimandato il visitatore, perché nessuno dei due girò la testa. Il poliziotto stava dicendo con l'aria di essere giunto alla fine delle domande di rito: — Allora vostra sorella non abitava qui in città?

— No, da più di un mese. Un'altra nostra sorella, che sta nel Connecticut, aveva perso il marito e allora Sarah andò da lei per aiutarla un po' di tempo e poi decise di fermarsi là.

A questo punto un cambiamento di luce e una leggera ombra attrasse la sua attenzione; la donna volse il capo e vide Torrant sulla soglia. Con lieve e ingiustificato senso di sorpresa, lui pensò che non era cambiata affatto: il viso cereo e triste, lo sguardo spento, le labbra strette e le mani immobili in grembo, stava rigida come se stesse posando per un ritratto.

L'attimo di sospensione prima che lei si muovesse parve a Torrant la calma che precede lo scatto isterico, o come minimo un dito accusatore puntato contro di lui. Sentì i nervi tendersi, ma la signora Watts disse solo di malavoglia: — Oh, il signor Torrant — e come il poliziotto si alzò con aria interrogativa aggiunse: — Questo signore è il sergente Hilary.

Dopo poche parole di saluto, il sergente si rimise a sedere e anche Torrant prese una sedia, benché non invitato a restare, mentre amaramente pensava che la signora Watts stava assaporando il suo momento di trionfo.

Il sergente Hilary riprese in tono di condoglianza: — È evidente com'è andata, immagino, signora Watts. Vostra sorella stava passando vicino allo stagno, e siccome laggiù è piuttosto scuro, non si è accorta del terreno sdrucciolevole. Forse se non avesse battuto la testa, cadendo... — E si fermò, alzando le spalle.

Una vecchia pendola nell'angolo dietro la signora Watts interruppe il suo tic-tac, emise un debole brontolio e cominciò a battere l'ora. Il sergente aspettò che avesse terminato con lo stesso riguardo che avrebbe usato per una persona, per continuare: — Nella borsetta aveva trenta dollari e un biglietto di andata e ritorno per Lynnfield. Veniva a trovarvi, vero?

Le dita di Torrant si irrigidirono sulla sigaretta che stava per accendere. L'ingenuità del sergente non lo stupiva più: viste in un certo modo, le circostanze della morte di Sarah Partridge indicavano nettamente la disgrazia. Ma se si considerava il vero motivo del suo ritorno a Chauncy, le stesse circostanze rivelavano il quadro del delitto. La signora Watts si sporse dalla sedia, e senza guardare verso Torrant, disse: — È proprio così, sergente. Sarah aveva trovato del lavoro a Lynnfield, e io l'avevo invitata a passare qualche giorno con me, prima di cominciare.

Dietro di lei la vecchia pendola riprese il suo sordo ticchettio, come se niente fosse accaduto.

 

11

 

Torrant abbassò gli occhi e rimase a fissare il disegno del tappeto, mentre il sergente usciva accompagnato dalla signora Watts. Dall'ingresso gli pervenne qualche frase in tono di scusa sulle necessità della procedura e sull'autopsia. Appena la signora Watts fu di ritorno, lui si alzò col volto contratto, in attesa di una spiegazione.

Ma il viso della donna conservava ancora la maschera d'indifferenza che aveva opposto alle domande del poliziotto. Lei non guardò dalla parte di Torrant come se non esistesse, e si mise a riordinare in silenzio, sprimacciando il cuscino su cui era stato seduto il sergente, spostando di qualche millimetro la sedia e il paralume. Dopo averla osservata per alcuni minuti lui le chiese con calma: — Perché non avete parlato di me al sergente?

La donna rimise a posto un poggiacapo che non faceva una piega, prima di rispondere: — Sarah stava per venire in qualunque caso.

— Ma ieri non me l'avete detto.

— Se voi volevate telefonarle di persona — continuò lei con la stessa completa indifferenza — la cosa non mi riguardava.

Era una bugia, ben inteso, ed una bugia particolarmente incensurabile, buttata lì con freddezza e noncuranza. Perché? Per qualche motivo ci si era talmente preparata, che le riuscì di ricambiare lo sguardo dell'uomo senza batter ciglio. Era stata pagata, oppure minacciata, perché nonostante la sua ostinazione e le mani che non tremavano, lui avvertiva una tensione nell'atmosfera del piccolo salotto.

Non si trattava di dolore, e neppure delle conseguenze dello choc, che evidentemente erano state sopraffatte da qualcosa di più forte. La paura? L'avidità? Oppure la mescolanza irresistibile di tutt'e due?

Si udì il rumore di una porta che veniva chiusa da qualche parte, e poi la casa ripiombò nel silenzio. In tono gentile Torrant continuò: — Ma, signora Watts, voi non potete credere veramente che vostra sorella sia scivolata e caduta nello stagno. Qualunque cosa vi abbiano detto...

— Ho da fare — ribatté lei di scatto, stando immobile dietro una poltroncina. — Vogliate scusarmi.

Torrant stette a fissarla ancora un istante, e poi si diresse alla porta. Sentiva di detestare quella donna, forse per via dei piccoli occhi circospetti nel volto cereo o per un'assurda sensazione di complicità. Il disprezzo aumentava la sua sofferenza invece di diminuirla, e proruppe in uno scatto di amarezza.

— Qualcuno è venuto a trovarvi, stamane o ieri sera, signora Watts? Era la signorina Blair, vero?

L'accusa implicita non suscitò alcuna reazione; dopo un attimo la donna disse recisamente: — Se non ve ne andate subito, chiamo mio nipote.

Quello spilungone col ciuffo! — Me ne vado, mentre sono ancora tutto in un pezzo — rispose Torrant in tono annoiato, e usci.

Sapeva di non avere i mezzi per convincere la signora Watts a ritrattare la sua dichiarazione, perché anche se l'avidità aveva un prezzo, la paura non ne aveva. A metà del breve sentiero che conduceva alla strada, si fermò: sentiva un rumore acuto e aspro provenire dal retro della casa. Qualcuno stava segando della legna. Torrant fece dietrofront e si diresse rapidamente da quella parte.

Il ragazzo lo vide avvicinarsi ed interruppe il lavoro, lasciando un ceppo segato a metà sul cavalletto. Il suo volto prese un'espressione ostile, e prima che l'altro potesse aprir bocca, disse: — Adesso devo rientrare — e fatti pochi passi salì alcuni gradini di legno e si chiuse la porta alle spalle.

Dunque, così stavano le cose. La signora Watts l'aveva avvertito, ma prima qualcun altro aveva avvertito lei. Qualcuno che aveva saputo valersi delle vaghe ma sempre vive paure che stavano dietro gli occhi guardinghi e la bocca arcigna, perché non c'era altra spiegazione possibile della sua insensibilità di fronte alla morte improvvisa della sorella.

La paura spinge alcune nature alla violenza; così è per gli animali, per i bambini, per gli adulti corrotti. E per Annabelle Blair.

 

A due minuti da casa Watts, Torrant fermò la Renault vicino al Willet's Pond. Tutto era deserto dopo il dramma del mattino, e sotto il cielo plumbeo lo stagno appariva freddo e tranquillo. Dei pezzi di ghiaccio galleggiavano nell'acqua del grande squarcio vicino all'estremità inferiore. Stava per lanciar dentro il mozzicone della sigaretta ma si fermò a mezzo senza motivo apparente e lo buttò a terra, pestandolo. Per prima cosa pensò che la signora Partridge si era trovata ben vicina alla casa della sorella e alla salvezza, ma dovette convenire che era stata in pericolo fin dal momento in cui era scesa dal treno; e l'assassino aveva giocato con lei, come fa il gatto col topo. Le aveva permesso di allontanarsi dalla zona illuminata intorno alla stazione e salire indisturbata la collina, finché non fosse giunta nella località più remota e pericolosa. Se poi anche avesse lottato o gridato, gli alberi sparsi, il vecchio cimitero all'altra estremità dello stagno, i camini delle case ai piedi della collina sarebbero stati dei testimoni muti.

Secondo le informazioni del sergente Hilary, la donna era arrivata col treno delle 18,35 invece che col tassì che Torrant le aveva detto di prendere alla stazione sud di Boston. Allora lui non aveva avuto alcun presentimento, soltanto l'idea che fosse meglio tener segreto il più possibile l'arrivo della donna. Ma i lunghi anni di ristrettezze dovevano averla resa cauta nel fare spese superflue, per cui aveva voluto risparmiare la corsa, pagando con la vita.

E aveva telefonato per avvertirlo del cambiamento di programma. Torrant non voleva pensare alla fatalità con cui tutto si era svolto, alla fretta che lei aveva avuto di venire, per essere ammazzata. Se solo avesse preso il treno successivo, come erano d'accordo...

Invece la signora Judd aveva scritto il suo nome e il messaggio, dimenticando il biglietto sul tavolo del vestibolo, dove poteva esser stato visto sia da Simeon sia dalla signora Kirby. E la notizia era arrivata ad Annabelle Blair. La signora Partridge scompariva dalla scena, secondo un piano rischioso ed estemporaneo, che non poteva essere diverso.

C'era stato un solo attimo d'incertezza, per l'assassino, prima che la donna s'incamminasse verso l'oscurità, tenendo in una mano la borsetta col denaro inutilmente risparmiato e nell'altra una valigetta che non avrebbe più aperto. Torrant diede un'ultima occhiata al ghiaccio scuro aperto come una enorme bocca spalancata, pensando ai motivi per cui i poliziotti detestano i ficcanaso dilettanti. Ma che cosa poteva offrir loro? Un suicidio di un anno prima, archiviato col beneplacito delle autorità, e la propria convinzione che una donna dall'aspetto tranquillo nascondeva in sé un'assassina, che poteva farsi ancora più ardita.

Si ricordò allora di Maria Rowan, e tornò all'automobile.

 

Maria era una macchia scura che si muoveva dietro la finestra della stanza sopra il garage. Torrant le mandò mentalmente un saluto con un senso di distensione, senza più rivolgersi domande. Poi attraversò il praticello gelato e bussò alla porta di casa Mallow.

Gli avrebbe aperto Annabelle, sapendo che ormai doveva essere informato? Aspettò col viso arcigno; silenzio, dei passi, e poi un rumore di qualcosa che scorreva. Un cassetto? No, qualcosa di più pesante... La porta si aprì inaspettatamente, e lui si trovò faccia a faccia con Annabelle Blair. Cercò di osservarla di nuovo dalla testa ai piedi nella luce di questo giorno particolare.

Volto pallido e un po' pesante, occhi inespressivi, il solito abito nero volutamente informe; era difficile vederla, si disse Torrant, perché in realtà lei non era li. Chissà quanto soffriva, la vedova di Martin, sotto quel travestimento...

Annabelle non gli domandò neppure con un gesto perché fosse venuto, e il fatto che lo accettasse come qualcosa d'inevitabile gli diede un amaro piacere. La seguì nel soggiorno, e subito si accorse, poiché spesso rivedeva la stanza nella sua mente, che c'era qualcosa di cambiato. Mancava un tavolo, oppure era stata spostata qualche sedia? Qualcosa, comunque, che sul momento non riuscì ad afferrare.

Senza alcun preambolo disse: — Ho pensato che forse vi interessava sapere quello che è accaduto alla signora Partridge... salvo che non siate già al corrente.

Annabelle si voltò un po' troppo in fretta.

— La signora...? Ah, naturalmente... Che cosa le è successo?

Occhi e voce non rivelavano più di un educato interesse, ma Torrant pensò che ora lei teneva sotto controllo le mani quasi fossero guanti, conscia della loro esistenza e incerta sul modo di muoverle.

— Ieri vi ho detto che sarebbe tornata a Chauncy dalla sorella. Disgraziatamente non è arrivata più in là del Willet's Pond. Hanno ripescato il suo corpo due ore fa.

Proprio l'esatta pausa di silenzio, lo sguardo spaventato, l'espressione di smarrimento. Annabelle Blair andò a un pelo dal riuscirci. Guastò tutto, nel momento in cui si voltava dall'altra parte, col lanciargli un'occhiata rapida come il lampo mentre portava le mani al viso.

Ma cos'era che non andava nella stanza?

— Ieri notte, tutto era gelato — stava dicendo Annabelle lentamente — e immagino che sia caduta... Dovrebbero mettere un riparo in quel punto. — Si voltò verso di lui e continuò, seria: — Willet's Pond è veramente un posto molto pericoloso.

Torrant si dichiarò d'accordo, e in tono garbato proseguì: — Però c'è da pensare che la signora Partridge dovesse saperlo, avendo vissuto così a lungo da queste parti.

— Ma la gente si abitua alle cose, ai pericoli e dopo un po' non ci fa neanche più caso... — Annabelle si arrestò di colpo (che la stessa sua voce suadente l'avesse messa in guardia?) e finì più freddamente: — Così almeno immagino siano andate le cose. Probabilmente, nessuno riuscirà mai a saperlo con precisione.

Queste ultime parole gli parvero provocatorie, ma le lasciò cadere senza rispondere: stava pensando all'unica domanda logica, che la donna non aveva ancor fatto, e proprio in quel momento, quasi i loro pensieri fossero sincronizzati, Annabelle disse aggrottando leggermente le sopracciglia: — Ma mi sembrava che aveste detto che la signora Partridge sarebbe arrivata solo domani — e lo guardò dritto in viso. Il tono inquisitorio fece aumentare la collera di Torrant, ma lui riuscì a dominarsi. — Aveva cambiato idea, signorina Blair. Una sfortuna per lei, non vi pare?

Annabelle non rispose, e Torrant si accorse allora che aveva preso un'espressione assorta e che una automobile aveva rallentato proprio davanti alla casa. Guardando attraverso le alte finestre alle spalle di lui, disse: — Scusatemi un momento — e con calma gli passò accanto e uscì, tirandosi dietro la porta d'ingresso.

Torrant si era voltato in tempo per intravvedere un paraurti nero e lucido, prima che l'auto uscisse dalla sua visuale. Un tassì? Qualcuno comunque che Annabelle desiderava rimandare per colpa del visitatore imbarazzante. Il salotto rosso che si apriva sull'altro lato del vestibolo, quello che la donna stava ridipingendo in un colore freddo e pallido come lei, guardava su quel pezzo di strada. Fece qualche passo in quella direzione, ma subito si fermò.

Il mutamento di prospettiva gli rivelò il cambiamento avvenuto nella stanza e la causa del rumore che aveva udito mentre aspettava alla porta. Una pesante poltrona era stata spinta indietro dall'angolo più lontano del camino, lasciando una macchia più chiara sul tappeto e delle righe sul pavimento di quercia.

Torrant attraversò rapidamente e silenziosamente la stanza, e nella zona scura tra la poltrona e il muro scoprì una valigia di cuoio su cui stavano un cappotto ripiegato, una borsetta nera e un paio di guanti. Qualcosa, come una vibrazione, lo avvertì. Annabelle era nella stanza, appena oltre la soglia, con la porta d'ingresso ancora aperta dietro di lei, e lo guardava.

Lentamente, senza distogliere gli occhi dal suo viso e senza voltarsi, arretrò di un passo e sbatté la porta con una mano. La voce di Torrant suonò dura: — Stavate preparandovi a un viaggetto, signorina Blair?

Un muscolo si contrasse nella gola della donna e cominciò a pulsare convulso; lui la osservava affascinato e disgustato allo stesso tempo.

— Che occhi buoni avete, signor Torrant! — Per la prima volta Annabelle usò un tono astioso. — Per la verità stavo solo facendo un po' d'ordine. C'è un mucchio di cose da mettere a posto.

Dunque stava preparandosi alla fuga per la seconda volta; come dopo la morte di Martin, anche ora, sistemati gli affari dei Mallow con quella sua aria tranquilla e innocua, se ne sarebbe andata. La ricomparsa della signora Partridge aveva sconvolto i suoi piani, come risultava dalla valigia nascosta in gran furia, e dal suo nervosismo.

— Giusto — rispose Torrant in tono amichevole. — E di questo lavoro ne avete avuto una buona dose negli ultimi tempi, o mi sbaglio, signorina Blair?

La donna scosse le spalle, e riprese il controllo di sé, muovendosi per la stanza, raddrizzando una tendina, come se stesse pensando ad altro. — Può darsi. Comunque, adesso ho piuttosto da fare, signor Torrant, e spero che mi scuserete se...

Lui se ne andò, e la donna restò immobile di fronte alla finestra. La sua fronte era imperlata di piccole gocce di sudore, che lo fecero pensare, con un senso di fastidio, alla pubblicità di certi materiali sintetici che sono porosi e respirano.

 

Venti minuti dopo, Maria Rowan osservava con aria concentrata: — Ma non potete essere sicuro che non sia stata una disgrazia. Le persone cadono anche da sole nell'acqua.

Il suo viso, pallido e tormentato, aveva perso l'espressione fredda e distante. Torrant replicò bruscamente: — Si, i bambini, gli ubriachi, i ragazzacci che fanno giochi e scommesse pericolose, non delle donne anziane, che conoscono perfettamente la strada. C'è sempre una probabilità, certo. Il biglietto della signora Judd può essere volato chissà dove, oppure può esser stato rubato da un topo di biblioteca che non aveva più niente da leggere. Può anche darsi che la signora Partridge avesse solo da dirmi che tra i Mallow e Annabelle Blair, segretaria modello, regnava il migliore accordo, e può darsi che se ne sia andata a gironzolare sulla riva dello stagno per il gusto di farlo. — Si fermò poi riprese: — Tuttavia non credo sia stata una disgrazia. E dovrei saperlo... io che avevo organizzato tutto.

— È assurdo pensare... — cominciò Maria, ma s'interruppe, senza osare guardarlo, perché non c'era nulla di concreto su cui basare la sua affermazione. Versò invece il caffè nelle tazze già pronte.

— Il treno è entrato in stazione alle 18,35. Avete visto se la signorina Blair è uscita dopo che io me n'ero andato?

— Voi siete uscito verso le sei, e poco dopo io cominciavo a prepararmi... — Appariva perplessa e indecisa, il che era in netto contrasto con il suo carattere. Cominciava forse a rivolgersi delle domande sulla cugina che non aveva mai frequentato? Aveva paura di quello che Annabelle, spinta agli estremi, avrebbe potuto dire di Louise Mallow?

Torrant sentì di nuovo la collera salirgli alla testa. Per lei la signora Partridge era soltanto un nome, a cui nulla la riallacciava, nemmeno il ricordo di una voce udita al telefono; non era un peso sulla coscienza... eppure era morta. Guardò la ragazza, quella testa dai morbidi e lucidi capelli neri, che non voleva dargli ascolto, e senza rendersi pienamente conto di quel che faceva, cominciò a raccontarle di Martin Fennister.

 

Era la prima volta che parlava a qualcuno di Martin e cercò di essere freddo e obiettivo. Per quanto breve e conciso, dal suo racconto traspariva l'orrore per l'astuzia criminale di chi aveva spinto un uomo alla disperazione, giocandolo come un bambino. E sotto quell'aspetto, Martin aveva avuto la vulnerabilità di un bambino, e una fiducia infantile in quelli che lo circondavano.

Quando fini, ci fu una pausa di silenzio. Maria era pallida, e Torrant pensò di sfuggita che a Martin, stanco di truccate e vistose bellezze, sarebbe piaciuto fotografarla.

Ed anche la reticenza di lei era svanita; calma e decisa disse: — Sì, ieri è uscita qualche minuto dopo le sei — tra loro non era necessario ripetere il nome — ha telefonato due volte, ho visto la sua ombra dietro le tende. Penso che la seconda volta sia stato per chiamare un tassì.

A chi aveva telefonato la prima volta? E poi il tassì, che si poteva facilmente controllare; la sensazione di trionfo che aveva pervaso Torrant cominciò ad affievolirsi. Intanto Maria proseguiva con tono improvvisamente fattosi dubbioso: — Andava alla biblioteca, o almeno così sembrava — e l'uscita di Annabelle Blair assunse un aspetto leggermente diverso.

 

12

 

Annabelle era stata ferma davanti alla casa ad aspettare il tassì per una decina di minuti, in piena luce. Secondo Maria, non si era mossa di un passo, nonostante il freddo, né aveva mai guardato l'orologio o mostrato altri segni di impazienza.

In questo Torrant credette di rilevare una specie di ostentazione, quasi avesse voluto deliberatamente farsi notare. Per quale motivo, se non per dare l'impressione di essere alla biblioteca pubblica, mentre la signora Partridge finiva miseramente nello stagno? Eppure era improbabile che la polizia si interessasse ai suoi movimenti, e se anche l'avesse fatto, era ben difficile che il bibliotecario ricordasse proprio quella sera.

Un piccolo particolare che contrastava con la mania di Annabelle per la discrezione, rifletté Torrant, e si volse verso Maria.

— Ieri sera, sono arrivato qui qualche minuto dopo le sette. Era già rientrata?

Maria scosse il capo. — Stavo vestendomi e non ho visto niente. Però se era tornata, doveva esser venuta a piedi, perché per tutto quel tempo nessuna macchina si è fermata qui davanti. L'avrei sentita...

La ragazza era in piedi con le spalle all'acquaio; si voltò di colpo udendo il rumore di un'automobile, quasi a conferma di quanto aveva detto, e anche Torrant si avvicinò alla finestra.

La macchina grigia di Simeon stava fermandosi dietro la Renault. Simeon scese e, a passo lento, si avviò verso la casa. Portava una grossa busta di carta pesante, che, dopo aver bussato, si mise a battere contro il palmo di una mano. Il movimento ritmico, il suo capo liscio e lucente che si staccava sullo sfondo della porta, conferivano alla scena una strana aria teatrale.

Passò un minuto, ne passò un altro. Annabelle non veniva ad aprire. Torrant cominciò a dire sottovoce: — La signora è dolente... — e intanto Simeon, dato un ultimo colpo alla busta, si era voltato per andarsene. La sua faccia aguzza non aveva l'espressione volutamente disinvolta e affaccendata di chi si sa osservato di dietro una porta chiusa; ostentava anzi un vacuo sorrisetto.

Era quasi giunto all'auto, quando sollevò di scatto la testa. Torrant ebbe solo una fuggevole visione del viso che guardava in su, perché istintivamente si era tirato indietro dalla finestra, trascinando con sé Maria. La ragazza batté col fianco contro uno spigolo del tavolino, chiuse gli occhi e disse acida: — Grazie.

— Mi dispiace — si scusò il giovane, uscendo in fretta dal cucinino. Non avrebbe potuto spiegare l'angoscia improvvisa che l'aveva preso quando Simeon aveva guardato verso la finestra. Ma stranamente la signora Partridge aveva assunto il volto di Maria Rowan, ripescata da uno stagno con i suoi bei capelli neri stillanti acqua, perché osservava delle cose che non avrebbe dovuto vedere. Ed era proprio quello che stava facendo apertamente; le mancava solo, pensò Torrant con irritazione, una lobbia da investigatore.

Con fermezza disse: — La signora Partridge cambia tutto. Voi starete molto meglio a New York, lontano di qui e da tutta questa storia. Naturalmente siete parte interessata, ed io mi terrò in contatto...

— Grazie — rispose Maria Rowan tranquilla. — Starò benissimo qui.

Torrant la guardò contrariato; nel suo intimo sapeva benissimo di aver torto, perché la ragazza non pretendeva alcun appoggio o protezione. Era qualcosa d'inconscio in lei, che dipendeva forse dal modo di camminare, dalla profondità dello sguardo, o dalla fisionomia. Comunque fosse, lui si sentiva responsabile della sua incolumità.

Usando la sola arma di cui disponeva, disse freddamente: — L'unica cosa di cui potete essere sicura è che vostra cugina fu diseredata da suo marito durante il loro soggiorno qui. Siete decisa a voler sapere il perché?

— Si — rispose Maria dopo un attimo di silenzio. — Decisissima. — Aveva alzato un po' di più la testa, spingendo avanti il mento, senza alcun altro segno di reazione. Dopo un momento prese una sigaretta e l'accese, tranquilla e pensierosa, e posando con cura il fiammifero nel portacenere disse, come per caso: — Erano due anni che non vedevate Martin Fennister, non è così?

— Sì.

— La gente cambia — osservò Maria come se parlasse alla sigaretta.

Torrant vagliò la cosa in un attimo, con una specie di piacere crudele: Martin che usciva di senno, senza che la moglie, il medico, gli amici, i vicini, i colleghi se ne accorgessero, Martin che soffriva di un complesso per la morte del padre... Ricambiò lo sguardo di sfida della ragazza, e con un inchino ironico allungò la mano verso il cappello.

Dalla libreria, mentre afferrava il cappello, cadde il portafoglio blu di Maria. Torrant si chinò a raccoglierlo, e il suo pensiero corse a un altro portafoglio, quello di Annabelle Blair pronta a partire con cappotto, guanti e valigia. Da qualche parte doveva essercene un terzo, che avrebbe potuto fornire indicazioni sulla sua proprietaria, Louise Mallow.

Posò di nuovo il cappello e si accinse a essere convincente.

 

La biblioteca pubblica, una piccola costruzione in mattoni a forma di T nella via che portava al centro di Chauncy, era situata in cima ad una altura sotto alcuni aceri dai tronchi scuri, a due isolati da Hazel Street, la strada che la signora Partridge aveva percorso prima di prendere per i campi, nel buio.

Verso l'una, Torrant si presentò all'ingresso principale, ma lo trovò chiuso; seguì allora un breve sentiero lastricato, che si incurvava sulla destra fino ad una entrata secondaria. Era aperta ed entrò: lampade accese e silenzio, file di libri e lunghi tavoli, l'odore caldo e asciutto, caratteristico delle biblioteche. A una scrivania posta sul davanti una donna dai capelli neri stava sfogliando uno schedario; pareva svelta, intelligente, e annoiata della solitudine in cui si trovava.

Torrant si avvicinò e le raccontò che una sua amica, una certa signorina Blair, gli aveva promesso il giorno prima di ritirare un libro per lui. Forse lei (diede un'occhiata al cartellino sull'angolo della scrivania), la signorina Briscol, sapeva se la signorina Blair era venuta la sera stessa?

Mentre ripeteva volubilmente il discorsetto preparato, la sua mente rifletteva: due soli isolati, abbastanza vicino per Annabelle, dopo che il tassista l'aveva deposta davanti alla biblioteca, coi libri sotto il braccio. E nessun lampione, in quel tratto di Hazel Street, a rivelare la sua presenza, mentre aspettava.

— Certo, la signorina Blair è stata qui, ieri sera — rispose la signorina Briscol ingenuamente, animandosi. — Si è anche fermata piuttosto a lungo. Se mi dite il titolo del libro che volevate, posso vedere se l'ha preso.

Torrant rimase come intontito, gli ci volle un buon minuto per riuscire a ricordare il titolo di un libro qualsiasi. La bibliotecaria disse subito: — No, non l'ha preso. Se c'è, deve trovarsi sul banco delle novità da quella parte, mentre ricordo benissimo che la signorina Blair ha preso un libro dagli scaffali.

Torrant la ringraziò e macchinalmente si diresse al banco delle novità. La scena dell'assassinio, da lui ricostruita con tanta cura, svaniva, e restava soltanto la piccola torva scintilla del suo odio. Nell'improvviso smarrimento gli occorse un certo tempo per ritrovare l'equilibrio, ed aveva guardato file di libri senza vederli, mentre la porta della biblioteca aveva continuato ad aprirsi e chiudersi innumerevoli volte prima che gli tornasse in mente qualcosa detto dalla bibliotecaria. Annabelle si era fermata un bel po', in mezzo agli scaffali.

Davanti alla scrivania un vecchietto smilzo stava discutendo per non pagare la quota perché, come logicamente affermava, il libro non gli era piaciuto. Girandogli intorno Torrant passò in un corridoio non illuminato, sul quale si aprivano tre vani scuri per parte. All'imbocco di ognuno di questi c'era un interruttore con l'avvertenza "Si prega di spegnere la luce all'uscita". Proprio in fondo, due scrivanie in disuso, con delle sedie appoggiate sopra, fiancheggiavano la porta che era chiusa dall'esterno.

E anche dall'interno, come gli risultò quando provò la maniglia. Tornò indietro nel corridoio principale, già scuro all'una... Chissà com'era più buio la sera. Ma sarebbe stato possibile entrare dalla porta secondaria, restituire un libro, infilarsi tra gli scaffali, sgusciar fuori... e, magari mezz'ora dopo, rifare il cammino all'inverso, senza esser visti? Certo che no, sotto lo sguardo vigile della signorina Briscol.

"Storia e medicina." Torrant accese una luce a casaccio, guardando nel vano vuoto, e fu colpito dal chiarore vivissimo che invase il corridoio. Di sera sarebbe sembrato anche più vivo, rivelando la presenza di chiunque vi si trovasse... tutto sembrava probabile, finché non si giungeva alla porta sprangata nel fondo.

Meticolosamente, poiché aveva fatto tante congetture sull'ostentata visita di Annabelle Blair alla biblioteca, Torrant continuò a girare gli interruttori. Tra le lettere P e Z, in fondo al corridoio trovò la foglia.

Era una comune foglia secca, probabilmente di acero. Si era già allontanato di alcuni passi, quando confusamente si sovvenne che la foglia appariva ancora umida e rifletté che per arrivare fin lì appiccicata alla suola d'una scarpa aveva dovuto fare un ben lungo viaggio attraverso la biblioteca, dietro gli scaffali, e per i due terzi del corridoio.

Tornò indietro in fretta e non si stupì di trovare in fondo al locale un breve passaggio con tre gradini che conducevano ad una porta.

Era chiaro che si trattava d'una porta di servizio, perché di fronte aveva un piccolo armadio con scope, spazzole, pattumiera, cera per pavimenti, e un mucchio di stracci sporchi. Torrant l'aprì e girò la maniglia dall'esterno; non chiudeva, probabilmente perché dava su un folto di cedri che la nascondeva quasi completamente. Un avviso, battuto a macchina in rosso, ammoniva: "Assolutamente proibito l'ingresso". Nessun divieto di uscita!

Una folata di vento gelido venne dagli alberi, ricacciando l'aria calda della biblioteca. Torrant richiuse la porta con cura, salì gli scalini e si avviò all'uscita. Dalla sua scrivania la signorina Briscol chiese premurosa: — Avete trovato? — e lui le sorrise in modo stranissimo, pensò lei, mentre rispondeva serio: — Sì, ho trovato, signorina Briscol, ma ho paura che non sia permesso prenderlo.

 

Il caffè-ristorante Bluebird era affollato. Torrant rimase in piedi con aria distratta, senza il solito nervosismo che invariabilmente gli davano le attese al ristorante; stava pensando che era stato ad un pelo dal non notare quell'importantissima porta. Probabilmente non veniva mai chiusa durante le ore di apertura della biblioteca, perché Annabelle doveva essersi sentita ben sicura del fatto suo.

Udì a un tratto vicinissima la voce di Simeon, che diceva in tono amichevole: — Tutto occupato, a quanto pare. Volete venire al mio tavolo, signor Torrant?

Il suo viso da pappagallo sorrideva, ma gli occhi, cerchiati e stanchi, apparivano inquieti. Aveva finito di mangiare, e rimase a guardar la sua tazza di caffè mentre Torrant, dopo un'occhiata alla lista in cerca di qualcosa che non richiedesse troppe manipolazioni in cucina, ordinava un tramezzino di pollo e una birra. La cameriera si allontanò e Simeon chiese: — Come avete trovato Annabelle, stamane?

— Come al solito — rispose Torrant senza sbilanciarsi.

— Davvero? Sono passato di là, come probabilmente avete visto, e ho pensato che non si sentisse bene. Allora, si vede che non mi ha perdonato per ieri sera.

Torrant rimase in silenzio. Questo modo di fare da uomo a uomo lo insospettiva, e si chiese se, nonostante la Renault parcheggiata davanti a casa Mallow, Simeon credeva veramente che lui fosse nella casa con Annabelle quando aveva bussato invano. Ne dubitava, ma desiderava vedere fino a che punto l'altro si sarebbe spinto.

— Avevo un appuntamento con Annabelle nelle prime ore di ieri sera, e, purtroppo, senza volere, l'ho mancato. Sono andato dalla signora Kirby con l'intenzione di fermarmi un momento solo e poi tra una cosa e l'altra non mi sono accorto del passare del tempo. Annabelle è preoccupata per alcuni documenti di Gerald, e spero non pensi che io l'abbia fatto apposta.

Altro che farlo apposta, a Torrant questa sembrava una calcolata spiegazione dei movimenti di Simeon la sera precedente. Salvo che non si trattasse di una continuazione del sorriso che Simeon aveva avuto mentre voltava le spalle alla porta di Annabelle... quasi si compiacesse con se stesso di questa dimostrazione di suscettibilità da parte di lei. Non l'aveva sposata dopo la scomparsa di Martin; non sembrava il tipo da lasciarsi irretire in un vincolo coniugale, ma il patrimonio dei Mallow era un notevole incentivo.

Arrivò la colazione di Torrant, e lui si versò la birra.

— Anche voi vi occupate di beni immobili qui a Chauncy?

— Mi occupo solo del terreno di Gerald — ammise Simeon con franchezza. — Per prima cosa è un affare troppo importante perché Annabelle possa trattarlo da sola, e in secondo luogo non è simpatico, per lei, restare legata a questa città nelle circostanze attuali. Terzo, come quasi tutti i contratti di Gerald, è un ottimo affare.

Torrant lo ascoltava distrattamente con la sensazione che tutte queste fossero solo divagazioni. Simeon non era uomo da raccontare i fatti suoi senza un motivo. Che si fosse trovato lui vicino allo stagno, per conto di Annabelle Blair, la sera prima?

Impossibile. Anche se ci fosse stata una lacuna nel periodo di tempo che diceva di aver passato con la signora Kirby, lui non avrebbe mai consentito a essere lo strumento di nessuno. Torrant ne era matematicamente certo, così come era certo che Simeon era stato solo spettatore mentre Annabelle trascinava Martin al suicidio.

E, nel frattempo, si era stancato di lei? Oppure avevano deciso di aspettare per fare il colpo più grosso, col patrimonio dei Mallow?

Torrant cercava di non pensare all'espressione preoccupata e pensierosa che Simeon aveva avuto parlando dell'incidente automobilistico, e al fatto che fosse andato prima di lui a esaminare la macchina fracassata. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi dell'altro, che l'osservava sovrappensiero. — Chi è la donna che è annegata ieri notte? — domandò Simeon.

In quel momento un vassoio di piatti cadde rumorosamente, e una donna cacciò uno strillo; i due rumori sembrarono fermarsi al limite del loro "separé".

— Una certa signora Partridge — rispose Torrant con calma — che aveva lavorato come domestica dai Mallow.

— Dai Mallow... ora capisco. Ve l'ho chiesto, perché stamattina ho incontrato per caso la signora Kirby, e lei mi ha detto che aveva telefonato la notizia ad Annabelle, e che questa le era sembrata veramente... fuori di sé.

— Mai quanto la signora Partridge — osservò Torrant, freddo.

— Non stavo facendo dello spirito, signor Torrant — fece Simeon irrigidendosi, come un pappagallo offeso, mentre prendeva il conto. Non stava forse esagerando? — Si tratta di un altro tragico evento, che in un certo senso riguarda Annabelle e disgraziatamente questo genere di coincidenze può anche trasformare una donna sensibile in una donna... morbosa.

— Sarebbe una vera disgrazia — commentò Torrant, scuotendo la testa.

 

Sul tavolo del vestibolo non c'era nessun biglietto; nessuno aveva chiesto di lui, lo informò la signora Judd, stando sulle sue. Parlandogli, fissava avidamente la chiave della camera che Torrant faceva saltare sul palmo della mano, e lui la infilò rapidamente in tasca prima che la donna riuscisse a trovare il coraggio di chiedergliela.

La ringraziò e si avviò verso la scala, al primo scalino si fermò per chiederle con aria indifferente: — La signora Kirby è vedova, se non sbaglio. — La donna strinse le labbra con sussiego come già aveva fatto un'altra volta, prima di rispondere seccamente: — Suo marito l'ha lasciata.

La sua disapprovazione era diretta contro Paulette Kirby, oppure contro il marito, oppure alla situazione in sé? Gli ci volle un po' di tempo per cavarle di bocca la storia. Jonas Kirby era stato amato e rispettato a Chauncy, nonostante il fatto che proveniva da una facoltosa famiglia di Boston, che gli aveva voltato le spalle scandalizzata del suo disordinato modo di vivere. Faceva il pittore, felice e soddisfatto anche se non aveva successo, e viveva solo, a modo suo, in un granaio che aveva trasformato in studio. Tutti avevano scosso il capo, perplessi, quando si era portato a casa, da uno dei suoi periodici viaggi, una moglie di Chicago.

Secondo la signora Judd, Paulette Kirby aveva giustificato le più nere previsioni, obbligando Kirby a lasciare il suo comodo studio per trasferirsi in una nuova casa elegante, dove davano ricevimenti stravaganti e talvolta scandalosi. Tutto doveva finire una notte d'estate, cinque anni innanzi, con un ospite investito e ucciso sul colpo, nel viale dei Kirby, dall'automobile del padrone di casa.

Jonas Kirby aveva fatto cinque anni di carcere per omicidio colposo. Il risarcimento dei danni e gli avvocati si erano mangiati la casa, i domestici, le feste, e Paulette, fingendo di non sentire le domande bisbigliate al suo passaggio su chi si fosse trovato in verità al volante dell'automobile, aveva messo insieme le briciole rimastele e acquistato la casetta sulla via principale, appendendovi l'insegna di ferro battuto.

Ma Jonas Kirby non era tornato a casa, uscendo di prigione. C'era chi diceva che questa fosse una prova della colpa della moglie; ma altri, più imparziali, l'attribuivano al fatto che la prigionia cambia il carattere. Ed ecco spiegato, pensò Torrant, il ridere eccessivo, lo sguardo ardito, e - concediamoglielo - la testa alta della signora Kirby in una città ostile.

Sali nella sua camera, pensando che il passato spiegava molte cose di Paulette Kirby e chiedendosi se il freddo disprezzo da lei dimostrato nei confronti di Louise Mallow fosse soltanto il risentimento di una donna contro un'altra che aveva tutto ciò che lei aveva perduto soltanto da pochi anni. Ricchezza, posizione sociale, un marito devoto...

Qui si fermò di botto. Era il punto di vista degli abitanti di Chauncy, ed era tutto quello di cui disponeva; però in qualche luogo doveva esserci una stortura.

Erano quasi le sette quando arrivò la chiamata telefonica, che lui era stato ad aspettare con ansia crescente.

 

13

 

Lungo il filo, la voce di Maria Rowan gli giunse fredda e piuttosto tagliente; Torrant se ne meravigliò. Lei aveva spiato Annabelle Blair dal primo giorno, e ora che aveva uno scopo preciso per tenerla d'occhio, faceva la sostenuta. Lo informò seccamente: — Annabelle è appena uscita con Simeon.

Per andare a pranzo, data l'ora, pensò Torrant.

— Mi volete telefonare, se per caso tornasse improvvisamente?

— Sì — rispose Maria asciutta — ma a che cosa può servire... — Non era una domanda ma un timido commento.

— La casa è grande — la interruppe Torrant, e riagganciò. Cinque minuti dopo si dirigeva in macchina verso Vanguard Street, nella sera ventosa, con la torcia elettrica che aveva comprato nel pomeriggio posata accanto a lui sul sedile.

Ricordava vagamente un sentiero scavato sull'orlo esterno del boschetto di salici che probabilmente a suo tempo era servito d'accesso a qualche dipendenza della casa, ora abbandonata. Appena i fari lo illuminarono, prese da quella parte e rapidamente guidò la Renault nel campo gelato.

La lasciò poi nascosta dietro alcuni salici, e, servendosi della torcia, tagliò attraverso il boschetto.

Un lieve chiarore filtrava fra le imposte chiuse del soggiorno dove, a quanto pareva, Annabelle aveva lasciato la luce accesa. Chissà se aveva sprangato tutto, o aveva dimenticato di chiudere qualche finestra? Spesso le donne hanno un po' paura ad andare in cantina, e dopo un rumoroso scontro con una latta vuota abbandonata dietro la casa, Torrant doveva scoprire che Annabelle non faceva eccezione alla regola.

Era una finestra stretta e coperta di ragnatele, nascosta da fitti cespugli di rovi, che Torrant maledisse in silenzio. Il battente si sollevò con un cigolio che si ripercosse per tutta la casa. Il silenzio assoluto che seguì confermò la supposizione che Annabelle avesse lasciato accesa la luce per far credere che era in casa.

Torrant si tolse l'impermeabile, e lo cacciò dietro i cespugli; un attimo dopo si era infilato nella stretta apertura, per finire in un vecchio ripostiglio per il carbone, a giudicare dai residui che scricchiolavano sotto i suoi piedi.

Accese la torcia e constatò che aveva indovinato. Ne uscì superando una sgradevole cortina di ragnatele, e ispezionò il locale: una vecchia lavatrice, un angolo vuoto con uno spesso strato di polvere sul pavimento, un mucchio di legna e, dopo questo, sei gradini che portavano in alto.

La porta in cima era sprangata, e il chiavistello si trovava dall'altra parte.

Era naturale che la donna avesse preso almeno questa precauzione. Tentò la maniglia delicatamente e vide che non era chiusa a chiave. Alla terza spallata il paletto cedette, e lui si trovò nella cucina della casa. Dopo qualche secondo di ricerche scoprì l'interruttore della luce. Muri color verde chiaro, superficie immacolate, nemmeno un cucchiaino in vista. Riuscì a ritrovare il chiavistello e le viti, e li rimise accuratamente a posto servendosi di un coltello preso dal cassetto dell'argenteria. Voleva tener segreto il suo passaggio attraverso la finestra della cantina. Spense la luce e s'inoltrò nella casa.

La sala da pranzo buia e poi il soggiorno illuminato, silenzioso, come in attesa e leggermente diverso, visto così senza la padrona. Una foglia d'edera scricchiolò sul tappeto e Torrant si voltò di scatto, per poi riprendere a muoversi con circospezione attraverso la stanza, l'ingresso e su per la scala bianca.

Non accese la luce nel vestibolo del piano superiore. Attraverso una porta socchiusa diresse la luce della torcia in una camera, che evidentemente doveva essere la camera da letto di Annabelle, si fermò un istante, tentato di entrarvi, prima di proseguire. La camera successiva, dalla stessa parte, era completamente vuota, salvo un martello dimenticato sul pavimento. Passò allora sull'altro lato. Spinse una porta, trovò a tentoni l'interruttore e si fermò sulla soglia.

Era una grande camera, che in origine doveva essere stata divisa in due, col caminetto sulla parete interna e pochi mobili indispensabili contro la tappezzeria scolorita: due letti gemelli, toeletta e cassettone, una sola sedia. Anche a prima vista si notavano i segni della ricchezza dei nuovi proprietari che contrastavano vivamente con l'austerità del locale: spazzole dal dorso d'oro, un servizio per barba di cuoio con iniziali sulla toeletta, tutta una serie di bottiglie di cristallo con tappi dorati sul cassettone, e una valigetta di coccodrillo posata sul pavimento accanto al cassettone.

Quest'ultima lo fece pensare, per contrasto, alla valigetta della signora Partridge, probabilmente molto diversa da questa, ma abbandonata allo stesso modo. Gettò la torcia sul letto più vicino e aprì i battenti di un armadio, davanti al quale doveva passare per raggiungere il cassettone.

Louise Mallow l'aveva riempito quasi completamente. C'erano i suoi vestiti, rossi, marrone, grigi; un abito nero che mostrava la sua linea elegante anche sull'attaccapanni, un lungo abito bianco di una stoffa che al tocco sembrava seta. Dietro il battente pendeva una sciarpa di martora grigia dai riflessi lucenti. Da tutto si sprigionava un leggero profumo, non di romantica lavanda o di una semplice essenza quale era da aspettarsi da una donna sposata da molti anni, bensì un aroma penetrante e sottile.

Torrant sbatté la porta, rinchiudendovi un fantasma, e avvicinatosi al cassettone, cominciò ad aprire i cassetti. Nel primo cassetto di mezzo trovò un'enorme borsa a soffietto di coccodrillo, lucido, col fermaglio d'oro.

Il vento strusciava contro i vetri; una leggera corrente d'aria faceva ondeggiare l'orlo d'una tendina bianca. Torrant stava con gli orecchi tesi per cogliere l'eventuale squillo del telefono, annunciatore del ritorno di Annabelle. Salvo questa attenzione che gli confermava il completo silenzio della casa sotto di lui, tutto il suo interesse era concentrato sul portafoglio nell'istante in cui l'aprì.

Una fodera di cuoio, col nome Louise H. Mallow in minuscole lettere dorate; rossetto, pettine, cipria compatta — probabilmente un ricambio, perché era una scatoletta rotonda in comune vitello blu scuro, senza iniziali — fazzoletto, leggermente macchiato di rosa, con le iniziali L H M ricamate in grigio chiaro. Un altro rosso per labbra, col tubetto annerito (per i casi di emergenza?). Nel borsellino, tre biglietti da un dollaro e alcune monete.

Niente libretto d'assegni, o forse era in basso nella scrivania del soggiorno? Torrant era convinto che Annabelle Blair non avesse tolto nulla dalla borsetta perché probabilmente, come avviene nei casi di morte improvvisa, tutto era già stato esaminato dalla polizia e poi restituito.

A ogni modo, Louise Mallow non era stata molto precisa in materia finanziaria. Delle tre buste che erano nella borsetta, una conteneva una richiesta di denaro per beneficenza, le altre due erano fatture di grandi magazzini di St. Louis, ancora del mese di dicembre, con richiesta di provvedere al pagamento.

Torrant, scoraggiato, rimise il portafoglio nel cassetto. Era sempre allo stesso punto, pensava, con qualche piccola aggiunta: Louise Mallow era stata una donna di gusti dispendiosi e raffinati, che si abbigliava con molta eleganza e passava i conti al marito, quando se ne ricordava, che conservava una richiesta di elemosina nella sua borsetta da duecento dollari e girava in campagna con un guardaroba di lusso.

Non c'era da meravigliarsi se Annabelle Blair, l'erede di Gerald Mallow, era sfuggita alle solite critiche. Tipi come i Mallow erano rari come mosche bianche in cittadine del tipo di Chauncy, e il loro stesso aspetto li rendeva sospetti. A ciò si aggiunge l'efficiente discreta segretaria...

Tutto preparato con la stessa abilità già dimostrata col trucco della storia confidata al medico di Martin.

Torrant spense le luci nella stanza da letto. Gli era rimasta impressa l'immagine fuggevole della stanza di Annabelle: forse valeva la pena di esaminarla?

Nell'altra stanza alle sue spalle una figura di donna era emersa dal grande armadio e dal cassettone. E forse anche la stanza di Annabelle Blair - la donna sorprendente che aveva sposato e ucciso Martin, per poi continuare su quella via - avrebbe rivelato qualcosa della sua occupante.

Improvvisamente la luce si accese nel vestibolo, e Torrant udì uno strillo soffocato. — Accidenti — esclamò Paulette Kirby, quando i loro occhi si furono abituati alla luce. — Non fatelo mai più. Mi avete tolto dieci anni di vita.

Con la mano grassoccia, dalle unghie rosse, posata sul cuore, essa continuò: — Chi avrebbe pensato... di dove saltate fuori? Io ho una chiave da molti anni, ma non vorrete dirmi che Annabelle si è messa a distribuire le sue.

In un lampo, Torrant ripensò rapidamente alla quiete assoluta della strada, quando lui si era avvicinato alla casa e calcolò il tempo che aveva impiegato per infilarsi nella cantina, e aprire la porta della cucina.

In tono indifferente disse: — Non avete chiuso bene la porta d'ingresso. — Gli occhi azzurri della donna si fecero attenti. — La signorina Rowan aveva visto qualcuno entrare nella casa, e siccome la signorina Blair era uscita...

— Guarda un po', la perfetta inquilina — fece la signora Kirby alzando le spalle. Era forse spaventata sotto la sua aria noncurante? Comunque non dimostrava la solita strafottenza. — Eppure avrebbe dovuto riconoscere la mia macchina.

— Tutte le macchine sono grigie, di sera — osservò lui, leggermente.

La signora Kirby gli diede un'occhiata pensierosa e cominciò a scendere. Di sopra la spalla disse: — Dovrò decidermi a portar via quelle scatole... questa volta cercavo il mio certificato di nascita. — E dopo una pausa aggiunse: — Esser costretta a esibire un documento simile alla mia età.

E alle sette e mezzo di sera. Detta la prima sciocchezza che le era venuta in mente, rifletté Torrant, aveva anche il coraggio di scherzarci sopra! Diede un'occhiata di traverso alla enorme borsa di pelle, appesa con una lunga cinghia alla sua spalla; una misura comoda, pensò, per fare una capatina in soffitta e, a giudicare dal peso che pareva contenesse, la fede di nascita doveva essere scritta su un mattone.

Erano arrivati nel vestibolo.

Lui aprì la porta e tutt'e due uscirono tranquillamente dalla casa di Annabelle Blair. Delle ombre correvano sul minuscolo prato gelato; dopo la quiete dell'interno la notte sembrava immensa e piena di vento.

L'unica luce proveniva dalla finestra illuminata di Maria Rowan.

La signora Kirby rabbrividì ostentatamente e si diresse all'automobile. Senza voltarsi disse: — Scusatemi per il falso allarme. — E benché Torrant non potesse vederla in viso, la sua voce suonava divertita, con una punta di malignità. Come ebbe trovato la chiave e si fu sistemata al volante, lui chiuse lo sportello e si chinò verso di lei. — Sembra che abbiate avuto una visita, ieri sera.

La donna volse la testa di scatto restando con la mano, che stava per infilare la chiave dell'avviamento, sospesa a mezz'aria.

— Il signor Simeon è passato da me, e si è fermato a bere un cocktail, se è questo che intendete. Se n'è andato verso le sette e mezzo. È proprio una cosa tanto importante? — domandò un po' irritata.

— Così, per sapere — rispose Torrant con calma.

— Dovrei forse sentirmi lusingata? Non so perché, ma non credo — fece lei con una risatina sarcastica. Accese i fari, il suo viso arrogante emerse vivido dal buio nel riflesso dorato. — Altre domande?

In realtà non se ne aspettava; avviato il motore, stava innestando la marcia. Torrant scosse il capo e tolse il braccio che aveva appoggiato sull'orlo del finestrino aperto.

— No, salvo il motivo per cui mi avete cercato, ieri pomeriggio, a casa della signora Judd.

— Ah, sì — rispose la donna, noncurante. — Quando ve ne siete andato da casa mia, l'altro giorno, mi sono accorta che quella mia lista era terribilmente vecchia. Voi sembravate così ansioso di trovare la signora Partridge che, passando per caso dalle vostre parti, ho pensato di venire a chiedervi se eravate riuscito a scovarla. Ma da come sono andate le cose, immagino che non abbiate potuto parlarle.

— Solo per telefono.

— Ah! — fece lei guardinga — e avete saputo quel che vi interessava?

Dunque lei sapeva, pensò Torrant con un moto di stizza, e per tutto quel tempo aveva saputo quello che lui voleva dalla signora Partridge.

— In un certo senso, sì — rispose.

 

Cinque minuti dopo, Maria Rowan gli spiegava come non avesse potuto usare il telefono proprio nel momento in cui Paulette Kirby si era fermata davanti alla casa. Tutti e due avevano dimenticato, mentre si mettevano d'accordo per poterlo avvisare qualora fosse arrivato qualcuno, che il suo telefono era un duplex e l'altro apparecchio apparteneva a una certa Violet.

— E Violet è una ragazza che ha molte amicizie — disse Maria, tuttora fredda e distante — e così non ho potuto telefonare quando è arrivata la signora Kirby... e poi, dopotutto, siete stato voi a farla entrare.

Occorse qualche minuto per chiarire la cosa. Torrant considerò con stupore la commedia inscenata dalla donna, che aveva bussato e poi atteso che la porta si aprisse... con la chiave che lei aveva in tasca, ma a chiunque stesse osservandola, sarebbe sembrato che qualcuno fosse dietro la porta. Maria Rowan avrebbe potuto essere fuori, oppure non aver notato che Annabelle era uscita con Simeon, e così l'incursione segreta della signora Kirby nella casa vuota sarebbe sembrata una semplice visita a un'amica.

Era certo che Annabelle si sarebbe infuriata, se avesse scoperto che altri avevano la chiave della casa in cui lei viveva in così gelosa solitudine. Ma Paulette Kirby aveva corso il rischio per qualcosa che era nella soffitta...

A un tratto Torrant si ricordò di un fatto, che sul momento non l'aveva colpito in modo particolare. Il cassettone di Louise Mallow era quasi vuoto, e lui non aveva visto altro bagaglio oltre la valigetta di coccodrillo. Nella soffitta dovevano esserci dei bauli, e probabilmente altri oggetti appartenenti ai Mallow.

Assorto in questi pensieri, si rivolse a Maria e la invitò a cena, e fu profondamente deluso dal suo freddo rifiuto. Era troppo stanca, avrebbe preso solo un panino e sarebbe andata a dormire subito. Anche così, lui non aveva nessuna voglia di andarsene, di uscire da quella simpatica stanza sospesa nella notte gelida, e questo, si disse con un ragionamento piuttosto cavilloso, perché lì faceva caldo, mentre fuori faceva freddo, e il suo cappotto era ancora nei cespugli dietro la casa di Annabelle Blair, e probabilmente pieno di spine.

Comunque si diresse alla porta e si voltò solo un secondo per dirle come a caso: — Non dimenticate di usare quelle belle serrature nuove.

 

Maria chiuse a chiave la porta della rimessa e, qualche secondo dopo, quella della sua stanza.

Stanca, non era la parola giusta; si sentiva come svuotata ed estranea a se stessa, e, con un senso di sconfitta, sapeva il perché. Torrant suscitava in lei emozioni nuove, che davano un malessere simile a quello che si prova quando si rimettono bruscamente in movimento dei muscoli rimasti a lungo inoperosi. Sapeva esattamente il momento in cui era cominciato: con Torrant in piedi sulla soglia del soggiorno di Annabelle Blair che pronunciava il suo nome in quel modo caldo e affettuosamente inquisitivo.

Questo naturalmente era calcolato, ma era sconcertante per una sensibilità non allenata, e la spingeva a chiedersi che cosa sarebbe avvenuto se il suo atteggiamento fosse stato sincero, e poi ancora se nella sua fredda determinazione ci fosse stato ancora posto per qualche altro sentimento. Non osò spingersi oltre. Aveva sempre saputo che partito trarre dalle conoscenze fortuite, risparmiando la sua sensibilità. Forse, pensò con amarezza, le avevano insegnato a star troppo in guardia, e chi è allevato in una serra sterilizzata, rischia di morire per un semplice raffreddore.

Mescolata a tutto questo, era la precisa e spaventosa insinuazione che Torrant (e Simeon prima di lui, e chissà quanti altri in Chauncy) aveva fatto nei confronti di sua cugina.

Siete certa di voler sapere la verità?

Maria si preparò il panino e il caffè, continuando a rimuginare. Torrant voleva che se ne andasse, e Simeon non era un tipo di cui fidarsi, sotto nessun punto di vista. Restava la vaga corrente dell'opinione pubblica, ma Annabelle Blair e i Mallow si erano tenuti lontani da tutti, e a volte la distanza deforma le impressioni.

Sua cugina non aveva avuto tendenze o idee criminose. Maria scacciò dalla mente il pensiero che tutti gli assassini, e i delinquenti di qualsiasi genere, hanno parenti e amici, che fermamente negano l'evidenza. Il suo pensiero tornava invece ad Annabelle Blair e al piccolo mistero torturante dei suoi rapporti con Torrant.

Suo unico scopo era stato di scoprire il motivo per cui Louise era stata diseredata e le circostanze esatte della sua morte. Si può cercar di prender in trappola una bestia, ma non si sta ad osservarla mentre quella si avvicina, entra e la trappola scatta.

Torrant invece faceva proprio questo.

Maria desiderò ardentemente esserne fuori, lontana dall'uomo che la turbava, dalla donna che le faceva paura, dal fantasma che continuava a tender la mano verso di lei. Ma già una volta aveva mancato verso Louise, e, sottraendosi anche questa, si sarebbe creato un rimorso inestinguibile.

Stava riordinando in cucina, quando la macchina di Simeon rallentò e si fermò nella strada. Lui accompagnò Annabelle fino alla porta, senza entrare; poi gradualmente le luci si accesero, nella casa semibuia. Dopo cinque o dieci minuti, la porta si riaprì per lasciar uscire Annabelle, che subito rientrò, lasciando la porta socchiusa, come se avesse dimenticato qualcosa. La sua ombra passò rapidamente dietro le finestre della stanza in faccia al soggiorno, poi si chinò un attimo.

L'ombra scomparve, la porta si spalancò e si richiuse. Annabelle s'inoltrò sul prato illuminato a strisce dalla luce che usciva dalla finestra e attraversò la strada buia. Un minuto dopo squillò il campanello di Maria.

 

Il campanello squillò una seconda volta; Annabelle certo sapeva che Maria era in casa, doveva averla intravista nel cucinino, mentre rassettava.

Che si fosse accorta che qualcuno era entrato in casa durante la sua assenza?

Come se avesse ricevuto istruzioni o glielo suggerisse il tono delle ultime parole di Torrant, Maria sollevò il ricevitore del telefono e lo posò delicatamente sulla libreria, notando di passaggio il fiotto di parole che ne usciva. Poi apri la porta e corse giù per la scala nella rimessa illuminata.

Nella ventata di aria fredda che la investì mentre apriva la porta esterna, Annabelle Blair, nel suo cappotto nero, le apparve come un viso pallido nel buio. La sua voce suonò straordinariamente tranquilla.

— Avete qualcosa da fare, signorina Rowan? Altrimenti, se avete qualche minuto disponibile, vorrei parlarvi.

— Niente affatto, salite pure — rispose Maria con eccessiva prontezza, e le fece strada. Di sopra, attraversò la stanza, mentre la porta si chiudeva dietro Annabelle, e prese in mano il ricevitore. La voce ormai familiare di Violet stava dicendo in tono indeciso: — ... qualcosa che si adatti al mio completo blu, ma non posso buttare dodici dollari e novantacinque, ti pare, per metterlo solo...

— Posso richiamarvi? — fece Maria rivolgendosi al muro. Non si era mai resa conto di quanto fosse difficile fingere in modo convincente al telefono, e specialmente con la linea occupata da altri. Impacciata dall'assoluto silenzio alle sue spalle, continuò: — Si, sono... è arrivata la signorina Blair.

— C'è qualcun altro in linea — disse l'interlocutore di Violet.

— È sempre quella li — proruppe Violet ingiustamente, e sbatté il microfono.

— Sì, resterò in casa — fece ancora Maria, prima di riagganciare. Infantile, pensò voltandosi, ma confortante in un certo senso. Il frusciare di un ramo contro la finestra più lontana le ricordò i campi scuri e vuoti nella notte e l'isolamento della strada.

Annabelle Blair, seduta nella poltrona, aveva il sorriso stereotipato di un manichino di gesso.

— Signorina Rowan, ho ripensato al nostro breve colloquio di ieri. Forse ho sottovalutato il dispiacere che il testamento del signor Mallow può aver causato all'unica parente di sua moglie, e sarei contenta di porre rimedio a quella che considero solo una dimenticanza. Credo che potrei arrivare fino a... cinquemila dollari.

Maria allungò una mano per prendere una sigaretta, tenendo gli occhi bassi. Andar via, andar via... quanto desiderava Annabelle che lei se ne andasse! A dispetto della calma apparente, la donna doveva esser ben preoccupata per arrivare a una cifra del genere. E cinquemila dollari erano una bella somma, soltanto perché partisse e dimenticasse una lettera firmata "Louise".

Era anche una bella cifra da pagare soltanto per non essere più sorvegliata. Dunque, c'era veramente qualcosa da scoprire, qualcosa dall'apparenza innocente, ma che sarebbe venuto in luce a forza di osservare...

Annabelle aspettava, e Maria rispose in tono volutamente gentile: — Vi ringrazio di nuovo molto, signorina Blair, ma non accetto.

Gli occhi pallidi ebbero un lampo e la scrutarono dalla testa ai piedi (disprezzo o rabbia compressa?). In tono bonariamente interrogativo, Annabelle domandò: — Allora siete incorruttibile, vero? — La parola insolente cadde fra loro come una pietra. Annabelle si appoggiò indietro allo schienale della poltrona, infilando le mani nelle tasche del mantello: — Allora perché vi ostinate a restar qui, signorina Rowan?

Le mani nelle tasche... Che cosa aveva preso, quando era rientrata in casa, prima di venire da lei? Il fazzoletto, naturalmente, oppure un guanto. Ma bisognava dimenticare l'acqua per il tè, giunta a bollore proprio al momento giusto, il giorno prima, e il tè che avrebbe potuto avere un sapore un po' strano, come diceva lei... Maria strinse le dita rigide intorno alla sigaretta ancora spenta e cercò di trovare qualche spiegazione plausibile. Si era presa un po' di vacanza dal lavoro, e poteva allontanarsi così di rado da New York che non aveva nessuna fretta di tornare indietro...

Annabelle la osservava con quel suo sguardo assente che disturbava più di qualsiasi espressione. A metà del discorso la interruppe, come se non stesse neppur ascoltando quel che lei diceva, con aria quasi indifferente: — Vedete, signorina Rowan, avrei preferito non essere costretta a parlare di vostra cugina. Ma dato che volete sapere ad ogni costo, potete anche saperlo adesso, da me.

"Non le crederò" pensò Maria ostinata, ma le parve che un'ombra fosse penetrata nella stanza, offuscando i colori, rendendo più nere le pieghe e le ombre, cancellandone in un batter d'occhio ogni atmosfera di familiarità o illusione di sicurezza che prima conteneva. Prese un fiammifero, accese la sigaretta, e con uno sforzo alzò gli occhi e fissò la donna di fronte a lei.

— Non so se il signor Simeon vi abbia detto — prosegui Annabelle, nello stesso tono tranquillo — che il signor Mallow si era sentito molto male, una sera, prima di partire per l'Est.

— Si, me l'ha detto — fece Maria, altrettanto cortese — e a quanto pare l'intossicazione da ptomaine di Gerald sarebbe stata un tentativo di omicidio da parte di Louise. L'estate scorsa qualcuno tentò di avvelenare anche me con un'insalata di patate, ma senza successo.

— Non è uno scherzo, signorina Rowan — replicò l'altra lentamente — se pensate che non era la prima volta che vostra cugina tentava di uccidere suo marito.

E ora voleva forse mostrarsi pietosa? No, impossibile, pensò Maria mentre si alzava e passava nel cucinino. Prese un bicchiere dalla credenza e, facendo scorrere l'acqua, disse senza voltarsi: — Veramente? E in che consistevano questi altri... tentativi?

 

Tutte frottole, pensava intanto, mentre beveva l'acqua benché non avesse sete. Ma almeno così poteva muoversi, aver le mani occupate, rompere quella odiosa inerzia di star lì seduta ad ascoltare senza poter far nulla. A caso le venne in mente il disco che gira nella stanza di un dormiente. Rilassato, immobile, costui assorbe delle idee che in piena coscienza rifiuterebbe, svegliandosi con la testa imbottita di pensieri che gli sembrano suoi.

Avrebbe voluto, come chiudeva il rubinetto, poter fermare allo stesso modo il flusso tranquillo di parole, che alle sue spalle stavano ricostruendo un incidente avvenuto in mezzo ai boschi nel mese di novembre.

Ogni autunno all'epoca della caccia, Gerald Mallow affittava una casetta nel Minnesota per tre settimane, per suo piacere, e anche per far colpo sugli amici e clienti che spesso invitava. Aveva insegnato a Louise a sparare col fucile, e lei era diventata un'ottima tiratrice, al punto che proprio quel giorno avevano fatto una scommessa su chi avrebbe ucciso il primo stambecco della stagione, ed erano partiti in direzione opposta.

Un'ora dopo, Gerald, che portava la giacca e il berretto color rosso vivo di prammatica, aveva sentito una palla di fucile rasentargli la visiera, mancando di pochi centimetri la sua testa.

— Tutti gli anni vengono colpiti dei cacciatori — osservò Maria pacatamente.

— Sì, ma in terreno aperto. E quella volta la signora Mallow era la sola ad avere un fucile in mano in una cerchia di parecchi chilometri, e inoltre lei stessa ammise di avere sparato. Disse — e Annabelle alzò le sopracciglia che si era sperduta e aveva tirato un colpo per fare un segnale.

— Ah... allora c'eravate anche voi.

— Sì, il signor Mallow aveva un ospite, un certo... Nesbitt, mi pare, al quale credo volesse cedere delle azioni di un'impresa commerciale. Si trattava veramente di una riunione d'affari, e così mi aveva invitata per la fine settimana. Il signor Nesbitt si era slogato un polso il primo giorno, e io ero rimasta a casa a tenergli compagnia.

Ma nei boschi d'autunno potevano pur esserci delle foglie volteggianti, rosse come una giacca da cacciatore... oppure un rumore improvviso poteva aver fatto sussultare Louise che involontariamente aveva premuto il grilletto. Forse invece non era stato sparato neppure un colpo, nessuno era scampato alla morte per miracolo, il signor Nesbitt era un'invenzione; eppure Maria, con suo disappunto, li trovava verosimili.

— Un incidente? proseguì Annabelle con freddezza. — Naturalmente il signor Mallow non volle andare a fondo. In seguito, nello stesso mese, poiché soffriva d'insonnia, corse il rischio di prendere dei sonniferi che, date le condizioni del suo cuore, lo avrebbero quasi certamente ucciso. Le pastiglie, acquistate dalla signora Mallow la settimana prima, si trovavano nel cassetto dei medicinali al posto del calmante che gli aveva ordinato il medico.

— Chi se ne accorse? — chiese Maria con la gola secca.

— Se ne accorse da solo, per quanto ne so io. Aveva l'abitudine di mandarle giù con un sorso d'acqua, ma quella sera le prese con una bevanda calda. La prima gli si sciolse in bocca, e così se ne accorse dal sapore.

Maria si drizzò in piedi; macchinalmente afferrò il portacenere e lo ripulì dell'unico mozzicone che conteneva con un gesto da padrona di casa che sempre l'aveva urtata. Distrattamente si chiese quali pensieri quelle signore avessero avuto in quei momento. Non si sentiva ancora abbastanza sicura da poter discutere la faccenda delle pillole; perciò disse con leggerezza: — Lasciando da parte il fatto che tutti questi non furono che incidenti, qual è il motivo per cui mia cugina avrebbe cercato di uccidere suo marito?

Di nuovo, Annabelle Blair la guardò in quel suo modo sconcertante; Maria dovette fare uno sforzo per non gridarle che non voleva la sua compassione.

— Vostra cugina era molto orgogliosa, signorina Rowan. Ho l'impressione che avesse avuto una vita molto tranquilla e comoda prima del matrimonio. Credo che il fatto che suo marito — ed abbassò le palpebre nascondendo gli occhi — la tradisse, l'abbia sconvolta.

Quello sguardo chino, la fuggevole occhiata che l'aveva preceduto, furono per Maria come una rivelazione, che le aprì gli occhi. C'erano molte cose che non capiva, e qualcosa di vero doveva pur esserci in quanto l'altra aveva detto, ma lei non avrebbe dovuto scordare, neanche per un istante, che Annabelle avrebbe certo fatto tutto il possibile per screditare Louise di fronte a lei.

Con aria decisa, disse: — Siete venuta per dirmi questo, signorina Blair? Ammiro la vostra franchezza. E sarò altrettanto franca... Non vi credo.

Annabelle Blair non reagì. — Però Gerald lo credeva. Per caso lo udii dire qualcosa a vostra cugina, alcuni giorni dopo il nostro arrivo qui a Chauncy. Ma forse voi non vorrete credere neanche questo!

Maria la guardò senza rispondere.

Le disse testualmente — e Annabelle si alzò in piedi di colpo respingendo indietro la poltrona: — "Non metterti delle idee in testa, piccola, perché siamo qui soli e lontani da tutti. Ho sistemato le cose in modo che non avrai un centesimo".

 

"Gerald" ripeteva stupidamente Maria dopo aver chiuso la porta alle spalle della sgradevole visitatrice, l'aveva chiamato Gerald. Nella fretta le era sfuggito il nome a lei familiare, mentre prima controllandosi l'aveva sempre chiamato col cognome, da brava segretaria.

Come intontita, senza far caso alla ventata di aria gelida che irruppe nella stanza, Maria aprì la finestra che dava sui campi. Le sembrava di dover fare qualcosa alla camera, che improvvisamente era diventata estranea e nemica. Si guardò in giro, e le macchie di colore e le luci, che prima le piacevano, le parvero stonate e come in disordine. Ma ormai non ci sarebbe rimasta per molto tempo.

Che lei fuggisse o restasse, le parole pronunciate sarebbero sempre rimaste come sospese nell'aria: "Non metterti delle idee in testa, piccola, perché ci troviamo lontani da tutti". Perché era così sicura che Gerald le avesse effettivamente dette a Louise? Perché Annabelle Blair, se le avesse inventate, avrebbe detto "mia cara" e "in campagna"? Oppure perché il tono arrogante si adattava all'idea che lei si era fatta di Gerald?

Maria si rendeva conto che stava considerando i frammenti di un quadro, che non voleva vedere intero, ma non riusciva a escluderne le vive immagini prospettatele. Ecco la testa di Gerald, col berretto rosso, sfiorata da una pallottola, Gerald che sobbalza allarmato al sapore diverso delle sue pillole, Gerald che presenta tutti i sintomi dell'avvelenamento dopo aver pranzato solo con la moglie.

Era possibile, dopo tutto, che Louise...

E Maria arrestò bruscamente il corso dei suoi pensieri; seduta ai piedi del divano-letto, arruffandosi distrattamente i capelli con una mano, continuava a ripetersi la frase quasi incredibile, proprio come doveva essersela detta Gerald Mallow: È possibile che Louise...?

Annabelle Blair aveva ricostruito quelle scene per Maria; che le avesse anche abilmente, deliberatamente deformate per Gerald? Se, come affermava Torrant, era riuscita a suggestionare Martin Fennister sino a fargli credere che aveva una malattia mortale inesistente, sarebbe certo stata capace, approfittando di incidenti fortuiti, di indurre Gerald a credere che la moglie aveva tentato di ucciderlo.

Maria si aggrappò a quest'idea e all'unico altro argomento, che le pareva ovvio. Se era vero che Louise aveva tentato di uccidere Gerald ed era caduta nella sua stessa trappola, perché Annabelle Blair era così ansiosa di liberarsi di lei?

Annabelle non aveva certo fatto nulla per risparmiare la sua sensibilità; con quell'ultima frase rivelatrice, era stata fredda e volutamente brutale, in attesa di una sua reazione. Forse doveva fare qualcosa, e non voleva esser vista da quella specie di osservatorio dall'altra parte della strada; che cominciasse a sentirsi inquieta, sotto la sua calma apparente? Oppure nella casa stessa c'era qualche indizio rivelatore, che Maria presto o tardi avrebbe potuto scoprire?

Oppure qualcosa nella rimessa di sotto, dove i Mallow avevano tenuto la macchina?

Impossibile, si disse Maria; Annabelle aveva certo provveduto a suo tempo.

Ma il pensiero le rimase fisso in mente, mentre fumava un'altra sigaretta e distrattamente gironzolava per la camera. Provava una strana riluttanza a riaprire la porta e discendere nell'umido, silenzioso locale sottostante.

Alla fine si decise. All'ultimo momento, con aria volutamente incerta, aveva detto ad Annabelle che, dopotutto, avrebbe forse potuto riprendere in esame la sua offerta, e certo la donna se n'era andata soddisfatta. Inoltre si vedeva una fessura di luce trapelare dal secondo piano di casa Mallow, e questo indicava che Annabelle stava mettendosi a letto. Ciò nonostante, lei lasciò la porta della stanza spalancata, dopo aver girato l'interruttore del garage, e prima di scendere, con istintiva prudenza, si fermò in ascolto. Sotto era pieno silenzio.

La lampada nuda del soffitto illuminò il pavimento polveroso, qua e là macchiato d'olio, e le solite cose che si trovano in tutte le rimesse: una falciatrice meccanica, un vecchio rastrello, dei tubi di gomma da giardino attorcigliati come serpenti. La parte in ombra, sotto la ripida rampa delle scale, conteneva un mucchio di latte vuote, una finestra coperta di ragnatele, il bruciatore della nafta.

Maria stette immobile sotto la luce incerta e dato uno sguardo circolare rivolse la sua attenzione all'armadietto degli attrezzi sotto la finestra sulla parte laterale. Se la macchina dei Mallow era stata sabotata... e Louise aveva detto a Gerald un'ora o due prima dell'incidente "ogni volta che usciamo, io mi chiedo se...", l'armadio degli attrezzi era ovviamente il posto in cui cercare.

Involontariamente si mosse in punta di piedi. Ridicolo, poiché lei stessa aveva sprangato la porta esterna, ma non l'abbandonava la sensazione acuta e quasi di panico di chi, entrato di soppiatto in casa altrui, ha fretta di finire e andarsene prima che arrivi il custode a sorprenderlo. Si chinò davanti al ripostiglio... e dietro di lei, in un punto imprecisato, scoppiò un frastuono assordante.

Dopo un attimo di smarrimento si trovò in piedi e corse, senza guardarsi attorno, terrorizzata, ansiosa solo di salire la scala per giungere nella sua stanza, tanto che quasi inciampò nell'oggetto che aveva fatto quel rumore.

La sega, la pesante sega dal manico di legno, che pendeva da un grosso chiodo infisso nel muro vicino alla scala, era caduta. Forse qualche vibrazione insolita l'aveva fatta scivolare. Maria si appoggiò esausta ad un pilastro, lanciando un'occhiata d'odio alla disgraziata sega e, ripreso fiato, riattraversò di malavoglia il garage.

L'armadio degli attrezzi aveva ora sproporzionatamente assunto per lei il carattere d'una missione.

Era una cassetta bassa e piatta di metallo, che sporgeva pochi centimetri dal muro; lo sportello chiuso era come una provocazione. E Annabelle Blair era così ansiosa di allontanarla, da tentare prima di corromperla, e minacciarla poi di un'odiosa pubblicità.

Maria non pensò che questi due tentativi potevano preludere a un terzo, ed era talmente assorta che non notò, o forse lo attribuì a una fessura del pavimento, il soffio d'aria che le sfiorò le caviglie.

 

La notte, Torrant dormì male; la continua sensazione della presenza di Simeon dall'altra parte del pianerottolo, oppure lo stato di crescente tensione con cui si coricò, o semplicemente gli spifferi d'aria dell'ultimo piano gli fecero sognare di Martin Fennister.

Martin dietro la macchina fotografica, e poi Martin con un bicchiere in mano; Martin all'aeroporto che gli diceva "torna presto" porgendogli una granata abilmente trasformata in una fiaschetta. Le immagini scomparvero al risveglio, ma lui impiegò un lungo minuto per tornare alla realtà. Senza accendere la lampada, trovò sigarette e fiammiferi, e la piccola fiamma e la prima boccata mitigarono il nervosismo che lo aveva svegliato.

Nell'oscurità, appoggiato a un gomito, si chiese se Martin non comparisse mai nei sogni di Annabelle Blair. Chissà se lo vedeva angosciato dal terrore che saliva in lui, oppure nell'atto di contare le pastiglie di sonnifero che dovevano ucciderlo? Oppure, somma ironia, mentre le scriveva il biglietto di scusa, prima che la sua mente cessasse di funzionare? L'odio di cui era pervaso Torrant lo riscaldava, quasi fosse una coperta supplementare, e infine lo riaddormentò nel suo calore.

 

Il mattino era scuro e gelido. Torrant scese in città per far colazione e prendere il giornale, che la signora Judd, armandosi di tutto il suo coraggio, gli aveva chiesto di comprarle. Nel bar udì una quantità di chiacchiere sull'argomento del giorno, che avevano tutta l'aria di rispondere al vero. Il medico legale considerava la contusione al capo di Sarah Partridge prodotta dalla caduta, e aveva trovato dell'acqua nei polmoni, il che indicava che la donna era viva al momento in cui era precipitata nello stagno. Si aggiunga a questo la dichiarazione della sorella, secondo la quale Sarah non passava da anni per quella scorciatoia, e il fatto che certamente quella sera andava di furia per togliersi dal gelo della notte, e si giungeva alla conclusione che si trattava di un altro annegamento accidentale.

Per l'opinione pubblica, la faccenda era liquidata. La signora Partridge non era mai stata una figura importante, e nessuno riallacciava la sua morte all'incidente in cui erano periti Gerald e Louise Mallow. Perfetto, pensava Torrant, mentre comprava il giornale per la signora Judd: proprio la tecnica omicida portata alla perfezione...

La signora Judd, con un'occhiata al suo volto pallido, gli spiegò tutta agitata che voleva il giornale solo per vedere i film che davano nelle città vicine, si scusò per il disturbo e gli mise in mano i cinque centesimi. Poi con fare sostenuto lo informò:

— La signorina Rowan ha chiesto di voi, mentre non c'eravate, e io ne ho preso nota. Ecco il biglietto.

Preso nota di che? Inquieto, Torrant afferrò il foglietto, non senza notare l'aria di trionfo della signora Judd. "La signorina Rowan ha telefonato" lesse.

— Grazie, signora Judd — disse, facendo uno sforzo per dominarsi, e uscì rapidamente.

 

Non avrebbe potuto dire che cosa temesse, ma si sentì sollevato quando Maria rispose alla scampanellata. Indossava un abito nero, che la faceva più sottile e poteva giustificare in parte il suo pallore e gli occhi troppo lucenti; ma non giustificava la tensione che si sentiva nella stanza, come una corrente elettrica.

Distrattamente gli offrì del caffè, si lasciò cadere nella poltrona rossa per rialzarsi subito, come se ci fosse stato uno spillo nel cuscino, e sedersi in fondo al divano-letto.

— Vi ho chiamato perché credo che possa interessarvi una cosa che ho trovato ieri sera nel garage. Gli occhiali di mia cugina. Ecco perché quella notte Louise non era al volante, ecco perché...

— Basta — fece Torrant, e la guardò attentamente. Era pronto a giurare che la ragazza non aveva dormito, e che lo sfavillio malsano dei suoi occhi era dovuto alla stanchezza oltreché all'eccitazione per la scoperta. — Dove li avete trovati?

Nel ripostiglio degli attrezzi — cominciò Maria sforzandosi di mantenersi calma — che si trova sulla parete sinistra del garage, entrando, sotto la finestra. Ieri sera, ho pensato di darci un'occhiata, perché... — una pausa di silenzio, e Torrant si chiese se non fosse arrossita — ho trovato gli occhiali dietro, tra il fondo dell'armadio e il muro — continuò come se non si fosse interrotta — e sono sicura che erano di Louise, perché hanno le sue iniziali incise in oro sotto una stanghetta.

Parlava al passato.

— Diamo un'occhiata — disse Torrant.

— Ecco il guaio, mi sono caduti. Tutt'a un tratto ho avuto la sensazione che ci fosse qualcuno nel garage, e allora sono corsa verso la scala. Devo aver sbattuto con le mani contro il pilastro, perché li ho sentiti sfuggirmi. Si sarebbero dovuti rompere, ma quando sono tornata di nuovo giù, sarà stato mezz'ora dopo, non c'erano più...

Torrant osservò che dopo tutto avrebbe gradito una tazza di caffè. Perché gli occhiali di Louise Mallow erano finiti nel garage? Se Annabelle Blair aveva scelto quel posto come nascondiglio temporaneo, perché non aveva approfittato di una delle mille occasioni che certo le si erano offerte per toglierli prima di quella notte? A meno che, nella tensione di quelle prime ventiquattr'ore, in cui l'attenzione della polizia e della città erano concentrate sull'incidente, non avesse dimenticato dove li aveva nascosti.

Questo gli fece venire in mente un altro quesito. Da qualche accenno fattogli da Paulette Kirby, era certo che Louise Mallow aveva guidato qualche volta l'auto... ma dov'era finita la sua patente di guida? Nella borsetta di coccodrillo non c'era. Forse perché su di essa era scritto che doveva portare gli occhiali, e gli occhiali non si trovavano?

Torrant aggrottò la fronte; un'imprudenza che rasentava la stupidità era in contrasto con la tecnica perfetta di Annabelle Blair. D'altro canto, gli occhiali, che in qualche maniera dovevano essere rivelatori, erano stati lasciati nel garage, finché, per un caso, Maria Rowan non era andata a curiosare nell'armadietto.

Lui la guardò, pensando alla notte che doveva aver passato, nell'ansia di un rumore alla porta o alle finestre sottostanti, con la paura di addormentarsi. Probabilmente guardando fuori, di tanto in tanto, alla vecchia casa di fronte.

— Perché non mi avete chiamato, ieri sera?

— Sono abbastanza grande per badare a me stessa — rispose Maria dopo uno sguardo sorpreso, mentre il volto le si imporporava. — E poi, voi mi avevate messa in guardia, non ricordate?

Un tipetto che serbava rancore, pensò Torrant offeso. Aprì la bocca per dire qualcosa di duro, ma colse lo sguardo di Maria, e vi rinunziò, cercando di concentrarsi sul nuovo elemento.

 

Gli occhiali di Louise Mallow lo preoccupavano, perché l'ipotesi affacciata da Maria, che era poi quanto a prima vista suggeriva il fatto stesso, rappresentava un metodo di assassinio di esito piuttosto incerto. Anche ammettendo che fosse al corrente del vizio di bere troppo di Gerald Mallow, la segretaria avrebbe potuto aspettare dei secoli che si avverasse la fortuita combinazione guidatore sbronzo — strada gelata, e non poteva certo tenersi indefinitamente gli occhiali della moglie. E qualora i tre fattori si fossero anche presentati contemporaneamente, c'era sempre la probabilità che Gerald e Louise finissero all'ospedale con soltanto qualche osso rotto e nuovi propositi di sobrietà.

D'altra parte, un incidente puro e semplice, dopo aver indotto o costretto Gerald Mallow a far testamento a suo favore... Torrant espresse il suo pensiero ad alta voce: — Un incidente, subito dopo che lui aveva fatto un testamento nuovo? — quasi per provarne la validità, e Maria gli lanciò uno sguardo incredulo e sprezzante.

Torrant disse in tono pacato che se si mettevano in fila tutte le persone che si rompevano una gamba il giorno dopo aver lasciato scadere l'assicurazione, si poteva arrivare fino a Little Rock, e forse oltre, ma non stette a discutere. Perché Louise e Gerald erano effettivamente morti nell'incidente e gli occhiali di Louise erano stati portati via dal garage.

Per un minuto, considerò che cosa sarebbe potuto succedere a Maria se non avesse lasciato cadere gli occhiali, poi afferrò il cappotto, dicendo: — Andiamo a sentire cosa ne dice Annabelle.

 

Mentre attraversava il garage, Torrant si fermò a esaminare la finestra nascosta dalla scala, l'accesso al locale di cui Maria si era scordata, finché non aveva sentito la corrente d'aria. La sollevò per provare e il telaio tremò, provocando la vibrazione che aveva fatto cadere la sega appesa a quella parete, con un rumore che aveva coperto quello dell'aprirsi della finestra.

Si fermò anche a osservare l'armadietto e la finestra sovrastante. Tra l'armadietto e la finestra, c'era una piccola mensola di legno, abbastanza larga da tenere dei piccoli vasi da fiori, e quindi anche un paio di occhiali che potevano essere caduti nella fessura tra la parete e l'armadio. Solo che lui non riusciva a immaginarsi la sofistica Louise Mallow che buttava sbadatamente gli occhiali sul davanzale polveroso di quella finestra.

Negli ultimi cinque minuti, Simeon era arrivato a casa Mallow; quando Torrant aprì la porta del garage sul mattino caliginoso, la sua macchina grigia era ferma dalla parte opposta della strada. Al vederla, Maria si fermò involontariamente, ma Torrant le posò una mano sul braccio, spingendola leggermente.

— Tutti e due conoscevano vostra cugina, e potrebbero lasciarsi sfuggire qualcosa.

Il colpo del picchiotto echeggiò sui campi, e la porta si aprì, mentre Torrant stava per sollevarlo di nuovo. Annabelle Blair, in uno dei suoi severi vestiti di lana nera che la facevano apparire terribilmente pallida e cupa sullo sfondo del vestibolo scuro, disse: — Oh, la signorina Rowan... e il signor Torrant. — Il suo sguardo assente si spostò rapido dall'uno all'altro. — È qualcosa d'urgente? Perché, proprio in questo momento...

— Venite avanti, entrate — la interruppe Simeon, comparendo improvvisamente alle sue spalle. Un fuggevole scherzo di prospettiva lo faceva sembrare un maligno pappagallo appollaiato sulla spalla della donna. — Penso che l'occasione richieda un bicchierino di xeres, non vi pare, Annabelle? Ormai abbiamo quasi finito, con quelle carte... no, restate pure comoda, ci penso io.

Il volto di Annabelle Blair assunse per un momento un'espressione irritata e... quasi perversa, pensò Torrant con distacco. Era evidente che tanta premura le dava fastidio. Il suo sguardo freddo si posò su Maria e poi su Torrant, mentre si sentiva un tintinnio di bicchieri provenire dalla cucina.

— Volevate vedermi per qualche motivo?

— In realtà — e Torrant si diede da fare col pacchetto delle sigarette, offrendone una ad Annabelle, e accendendo quella di Maria e la propria — si tratta di un piccolo particolare che riguarda la cugina della signorina Rowan. Abbiamo pensato che forse voi potreste illuminarci in proposito,

Simeon fece il suo ingresso con una caraffa e i bicchieri, e preparò lo xeres con aria compunta. Torrant osservò la mano di Annabelle, che afferrava il bicchiere, stringendo le dita attorno al fragile stelo come se fosse stato un'ancora, e prosegui:

— La signora Mallow usava gli occhiali per guidare?

Un silenzio immediato e assoluto, scandito dal lieve frusciare di un cespuglio sotto la finestra, dal ronzio di un'automobile in distanza. Annabelle Blair posò con cautela il bicchiere e rispose con espressione pensierosa: — Se portava... sto cercando di ricordare... — E Torrant ebbe il tempo di notare Simeon.

Era seduto sull'orlo della sedia, leggermente chino in avanti, arrestato di colpo nell'atto di appoggiarsi allo schienale. Il viso aveva perso qualsiasi espressione gradevole, si era fatto freddo e scrutatore, proprio il viso del cacciatore come Torrant suo malgrado l'aveva definito dentro di sé.

E Annabelle affermò con fare improvvisamente deciso: — No, non li portava. — Torrant avrebbe potuto giurare che si trattava di una bugia perché aveva messo troppo tempo a pensarci, a parte il fatto che fosse una bugia facilmente controllabile. La signora Kirby, per esempio, che aveva guardato Louise con l'occhio onniveggente dell'antipatia, avrebbe facilmente ricordato questo particolare... e anche Simeon, che stava fissando torvamente il tappeto, come se stesse facendo dei calcoli.

— La signora Mallow portava gli occhiali a teatro, credo, e qualche volta al cinema... ma non per leggere o guidare. Benché leggesse molto di rado — osservò Annabelle con una sfumatura di disprezzo.

A queste parole Simeon alzò gli occhi sbattendo le palpebre e Annabelle si mosse sulla seggiola, a disagio, quasi rimpiangesse quanto aveva detto.

— Perché questa domanda? Capisco... forse, vi domandate perché la signora Mallow non guidasse lei, in quell'occasione. Non è un pensiero piacevole, vero, signorina Rowan?

— Non me ne importa — rispose Maria in tono distaccato.

Infine Annabelle portò il bicchiere alle labbra. La mano era ferma e precisa nel gesto, ma quando posò il bicchiere, questo era quasi vuoto.

— Penso di potervi dare io la risposta, benché ritenga che non si potrà mai sapere con esattezza com'è andata. — La stessa espressione, notò Torrant accigliato, di cui si era servita per la morte della signora Partridge. — Quando aveva raggiunto un certo grado di ubriachezza, il signor Mallow diventava molto irritabile. Qualsiasi interferenza, e specialmente quelle che sottintendevano che non era più in condizioni di guidare, lo rendeva furioso. Se la signora Mallow avesse avanzato l'idea di prender lei il volante, come normale reazione lui avrebbe ancora accelerato, per dimostrarle che aveva torto.

Finito di parlare, Annabelle chiuse gli occhi, obbligandoli così a immaginare la grossa auto azzurra che guadagnava sempre più velocità sulla strada gelata e andava a sbattere nell'impeto datole da un ripicco di ubriaco. Nel silenzio Simeon disse come a malincuore: — Conoscendo Gerald, devo purtroppo dire che era proprio così — ma il suo tono, lento e spiacente, non nascondeva del tutto una nota di riserva.

Torrant si alzò; tutto questo gli richiamava alla mente il gioco a mosca cieca della sua infanzia.

— Così non ha avuto importanza il fatto che quella sera la signora Mallow avesse dimenticato gli occhiali? — E Annabelle rispose tranquilla: — Non riesco a immaginare dove la signora Mallow possa aver lasciato gli occhiali, ma ad ogni modo, signor Torrant, non sarebbe andata diversamente.

Di nuovo un silenzio pieno di tensione pesò sulla stanza. Simeon sedeva immobile, in un'attenzione quasi tangibile. Maria fermò la mano, che stava lisciando un guanto, e la fissò con espressione fredda e concentrata. Sotto il fuoco di tutti quegli sguardi Annabelle volse loro le spalle e si mise a raddrizzare un rametto dell'edera che stava sulla mensola del camino. L'edera oscillò violentemente. Era un niente, ma era la goccia che fa traboccare il vaso per il calcolato distacco che Torrant si era imposto fin dal momento che era uscito dallo studio del dottore, a Greenwich.

Di colpo fu impaziente di andarsene, in modo da poter tornare. E, questa volta, solo.

 

16

 

Fuori, appena usciti, Maria osservò impaziente: — Credete che ce l'avrebbe detto, se a Louise gli occhiali fossero stati indispensabili per guidare?

— D'altra parte, non vorrà farsi pescare per una bugia evidente. È spaventata — continuò Torrant lentamente e con soddisfazione — sta cominciando a provare quel che significa sentirsi chiudere in una morsa.

Maria alzò rapidamente gli occhi al suo tono di voce, e altrettanto prontamente li distolse. Vicini, attraversarono la strada in silenzio. Torrant sentì che lei si ritraeva e con rabbia si augurò di smetterla di registrare come un contatore Geiger tutte le reazioni e i mutamenti d'umore della ragazza. Bruscamente, le disse: — Fareste bene a dormire un po', non vi sembra? — e Maria rispose altrettanto bruscamente: — Grazie, è proprio quello che farò.

La porta si chiuse alle sue spalle; come per un segnale la porta di casa Mallow si aprì e ne uscì Annabelle in compagnia di Simeon. Lei parlava mentre chiudeva la porta e l'aria gelida e limpida portò fino a Torrant la sua voce: — Sto benissimo ora, l'emicrania mi è quasi passata. Forse una boccata d'aria pura...

Gli aveva letto nel pensiero, quando se ne stava andando? Torrant fece un mezzo sogghigno mentre entrava nella Renault e guardava la trasformabile grigia allontanarsi. Non sapeva, e quindi neanche lei poteva saperlo, quanto avrebbe potuto resistere ad aspettare, adesso che aveva deciso di smettere la schermaglia con l'assassina di Martin.

Per ora aveva assistito a due vivaci e bizzarre reazioni al suo accenno agli occhiali di Louise Mallow. Ce ne sarebbe stata una terza nella donna che, dopo la signora Partridge, aveva visto i Mallow più da vicino che chiunque altro a Chauncy? Dopo la signora Partridge... non era certo un posto sicuro. Cinque minuti più tardi Torrant fermava bruscamente l'auto davanti alla casetta verde e rossa di Paulette Kirby.

La signora Kirby c'era, e in ottima forma, vivace ed efficiente, e dura come l'accaio sotto l'abbronzatura lucida e l'aria noncurante. Torrant non l'aveva ancora mai vista senza turbante. I suoi capelli castano chiari erano sottili, cortissimi e leggermente arricciati; lei li portava orgogliosamente come se una maggiore abbondanza fosse qualcosa di volgare. Somigliava ben poco alla donna che l'aveva invitato a bere con lei una birra per farsi forza.

— Occhiali? — ripeté, senza lasciar vedere se la domanda l'avesse stupita. — No, l'avrò vista guidare l'auto... una decina di volte, e sono assolutamente certa che non portava occhiali. — E dopo una piccola pausa: — Allora questo è scartato — aggiunse vivacemente.

— Scartato? — ripeté Torrant educatamente, ricevendo in risposta un'occhiata burbanzosa.

— Mio caro, è evidente che non siete in cerca di case, ed è altrettanto chiaro che vi interessate ai Mallow. E naturalmente — abbandonò come niente fosse la parte di amica pietosa di Annabelle Blair — con un testamento simile, e un incidente simile, uno si fa delle domande.

 

Suo malgrado Torrant era un po' sconcertato. Da molti piccoli segni aveva l'impressione che la donna fosse come una specie di spugna sfuggente, da cui avrebbe potuto spremere tutte le notizie che conteneva se avesse saputo prenderla, e che si sentisse soddisfatta della svolta presa dalla conversazione.

La signora Kirby disse, quasi con una sfumatura di rimpianto: — No, comunque non li ha ammazzati lei. Non avrebbe potuto.

Non era un atto di fede, ma una questione di semplice ragionamento. Torrant si chiese perché fosse sempre stato evasivo con lei.

— Giusto, non avrebbe potuto. E allora si ritorna al testamento.

La signora Kirby alzò le spalle.

— Non è poi una cosa tanto difficile da capire. — Il tono era spigliato, gli occhi duri. — La signora Mallow era bella, e il marito sembrava proprio il tipo del geloso esclusivista. Se a un tratto avesse avuto le prove... — le palpebre si abbassarono — di una relazione di qualche genere...

Torrant la osservava distrattamente, considerando le sue parole non tanto una teoria specifica, quanto piuttosto un vago e generico sfogo di malignità. O si trattava di qualcosa di più? Di colpo gli si ripresentò alla mente l'immagine della signora Kirby, la mano sul cuore, che affettava la massima sorpresa nell'incontrarlo al primo piano di casa Mallow. Ma poco prima, quando aveva guardato attraverso la porta aperta della camera di fronte, che cosa aveva visto? Quanto bastava per constatare che si trattava della camera da letto di Annabelle Blair. Il raggio di luce della sua torcia elettrica non aveva raggiunto gli angoli della camera, le pareti, l'armadio.

Lentamente chiese: — L'altra notte siete stata nella camera di Annabelle, non è così? — e subito si penti perché la donna spalancò gli occhi, scoppiando nella sua risatina allegra.

— Ma caro signore, non sono una ficcanaso, io. E poi, come vi ho detto...

— ... Eravate andata a prendere il certificato di nascita, che avevate riposto nella soffitta di un'amica, perché non avete abbastanza spazio in casa vostra.

La signora Kirby alzò le spalle.

— Non è certo un documento che ho voglia di tenere sott'occhio. E adesso, signor Torrant, per quanto questo sia un argomento molto interessante, ho veramente parecchio lavoro da sbrigare.

Mentre parlava si voltò, aprì il cassetto di una scrivania bianca, in stile moderno, ne prese un fascio di carte e infilò gli occhiali. Torrant si alzò in piedi afferrando il cappello, e disse in tono melato: — La signorina Blair sa che avete una chiave di casa sua? — e la vide mettersi subito in guardia.

Era proprio quel che lei aveva temuto, il punto in cui finiva di colpo ogni cordialità. Lo fissò gelidamente, a testa alta, con l'aria di una regina offesa. Sembra, pensò Torrant, di essere tornati ai bei vecchi tempi e che la signora stia mettendo alla porta una cameriera impudente.

— No, non lo sa. Ma non dimostrate molto tatto sollevando una questione del genere, non vi pare, signor Torrant?

Torrant si fermò ancora due volte in città: una al ristorante, dove prese un panino dichiarato al prosciutto, ma che provava soltanto che il cuoco aveva scoperto un nuovo animale, l'altra a una grande casa bianca, un po' arretrata dalla strada, con una semplice insegna in bianco e nero. Dal suo arrivo a Chauncy vi era passato davanti innumerevoli volte, era sempre illuminata anche quando il resto della città era al buio, ma per lui aveva assunto significato solo negli ultimi due giorni. Ora invece si fermò, passò sotto l'insegna in lettere nere: "Hissop, pompe funebri", e attraversato un breve spiazzo semicircolare, salì due gradini dalla ringhiera di ferro nero.

 

Un giovanotto dall'aria grave lo accompagnò nella camera ardente. Torrant guardò le palme in vaso, il misero addobbo di fiori e le mani intrecciate, illuminate dalla luce delle candele: fino a quel momento non si era reso conto dell'intensità del suo desiderio di non vedere il viso della signora Partridge. Come un fanciullo che nasconde la testa sotto le coperte, pensò con amarezza, e diede un'occhiata, che non avrebbe mai più dimenticato, alla salma, inginocchiandosi per qualche istante.

Prescindendo dai Mallow, non c'erano dubbi su quanto era successo a Martin o alla povera donna, che giaceva nella stanza silenziosa e soffocante. Questo non era certo un modo di pregare. Torrant si rimise in piedi e con la coda dell'occhio notò una stonatura fra i modesti crisantemi e gladioli.

Era un cestino di rose bianche, lussuose, quasi ancora in boccio, che si facevano notare per il loro stesso candore. Chinandosi tolse il biglietto del fioraio infilato tra i gambi verdi: "Con vivissime condoglianze, Annabelle Blair".

Rose bianche, dall'assassina alla vittima...

Quasi senza pensarci, prese in mano il cesto di rose e uscì nell'ingresso, reso silenzioso dal tappeto. Attraverso una porta aperta vide altre candele e fiori e alcune donne. Posò il cesto appena oltre la soglia; lì almeno non avrebbe costituito una beffa come per Sarah Partridge, e si ritirò.

Alle sue spalle vi fu un mormorio; una donna sussurrò: — Come sono belle! — ed un'altra disse dopo una brevissima pausa: — Annabelle Blair... Dev'essere una delle cugine del New Jersey. Non dimenticarti di ringraziarla, mia cara, hanno tutti un mucchio di denaro, laggiù.

Torrant ritornò verso Vanguard Street.

 

Continuava a vedere il viso irrigidito sul bianco cuscino sovrapporsi, come per effetto di uno strano montaggio, a quello di Martin. E con chiarezza ancor maggiore vedeva l'edera ondeggiare sotto le mani di Annabelle Blair, il luccichio del sudore sulla sua fronte... il cadere della fiducia in se stessa, il salire della paura. Nemmeno due ore dopo esserne uscito, bussava di nuovo alla porta di casa Mallow.

Avrebbe aperto? Torrant si sentiva stranamente sicuro di sì. Non ci si nasconde a un mal di denti, né si chiudono gli occhi dinanzi a un incendio; bisogna affrontarli se si vuol vivere tranquilli e sicuri. E Annabelle Blair aveva corso dei rischi per giungere alla situazione attuale. Mentre era ancora assorto in questi pensieri, la porta si apri, ed eccola davanti a lui, con le sopracciglia alzate sui pallidi occhi.

— Oh, signor Torrant!

Era un'accoglienza ben calcolata, fredda e leggermente sorpresa, ma Torrant disse in tono gentile, passandole accanto: — Dovevamo fare una bella chiacchierata su Martin, ricordate, signorina Blair? O posso chiamarvi semplicemente Annabelle?

Lei lo fissò a lungo senza batter ciglio. Torrant si tolse cappello e cappotto, senz'essere invitato, e li posò in fondo al canapè con tutta l'aria di voler fermarsi a lungo. Cominciò col dire:

— Conoscevo Martin così a fondo che ho quasi l'impressione di conoscere anche voi — e le sorrise deliberatamente.

Annabelle non ricambiò il sorriso. Il suo volto restò inespressivo mentre si sedeva in fondo al divano... proprio in fondo, notò Torrant sardonico, come se dovessero tutti e due alzarsi di lì a pochi minuti. Guardandosi le mani rispose:

— So che è passato già un anno dalla sua scomparsa... ma, a dirvi la verità, preferirei non parlare di Martin.

— Veramente? — Torrant osservò le palpebre chine, le profonde ombre scure sotto gli occhi, le dita che aveva intrecciate senz'accorgersene, e soffocò un senso di esultanza. — È una delusione per me... Sono venuto a Chauncy apposta per parlare di Martin, e di come è morto.

Per un momento il silenzio regnò nella stanza, mentre Annabelle sollevava lentamente il suo sguardo vuoto al viso di Torrant. Fissandolo dritto negli occhi rispose:

— Ma che cosa c'è da dire? Che Martin aveva il terrore di una certa malattia... Lo conoscevate, no? Che quando si accorse di averla, non ebbe la forza di sopportarla, e che invece prese una dose eccessiva di calmanti. Che altro c'è?

— C'è una cosa — controbatté Torrant al viso freddoe provocatorio: — che voi l'avete assassinato, Annabelle.

 

La donna non si alzò precipitosamente, né si coprì il volto con le mani o diede altri segni di grave turbamento. Si irrigidì e lasciò passare alcuni secondi prima di rispondere in tono quasi freddo: — Che idea assurda, signor Torrant... Ma neanche troppo sorprendente, immagino. Parenti e amici non vogliono mai rassegnarsi a un suicidio, nonostante i fatti.

I fatti? — ripeté Torrant. — Intendete per caso riferirvi a quello che Martin disse di suo padre?

— Esatto — gli occhi di lei si abbassarono.

— Ed al fatto che mori di una malattia di fegato?

— Sì, è così — confermò Annabelle quasi in un sussurro.

— Non è così — fece Torrant recisamente — e Martin non vi disse mai una cosa simile. Ma sembrava una bella storia, vero? Per giustificare ogni cosa di fronte al medico, dopo che avevate fatto credere a Martin che per lui non c'era più speranza. E per di più non c'erano parenti, che venissero a seccarvi con delle domande. La zia di Martin era morta poco prima che io partissi, ed il suo unico zio era in Inghilterra da tanti anni che aveva perso ogni contatto con la famiglia.

Non si era accorto di essersi alzato in piedi, ma tutt'a un tratto il viso di Annabelle Blair si trovò a pochi centimetri dal suo, sfocato e mostruoso come un'immagine su uno schermo cinematografico visto troppo da vicino, e la calma che si era imposta era completamente scomparsa. La senti ritrarsi sul divano con un movimento impercettibile e cauto come quello di un animale.

Credendo di parlare sottovoce, disse in un tono che riempì la stanza: — Che faccia aveva, quando gli mentivate? Riuscivate a guardarlo mentre a poco a poco si convinceva che non avrebbe potuto resistere ad una lunga malattia? Oppure avete dovuto insistere? Ne dubito, perché a Martin non sarebbe certo passato per la testa di non aver fiducia nella donna che aveva sposato. E poi non sapeva niente di Simeon, vero?

L'aveva afferrata per le spalle, le sue dita mordevano la rigida carne tremante. La sua stessa voce gli giunse di colpo nell'eco di un urlo, e lui guardò le proprie mani e la bianca faccia impassibile, ora madida e scavata dalla paura, e la lasciò andare, allontanandosi bruscamente.

Dietro di lui non vi fu che un solo sospiro profondo, e il lieve rumore delle molle del divano che si distendevano. Quando si voltò, freddo e svuotato e un po' disgustato, Annabelle Blair era dall'altra parte del camino, prudentemente vicina alla porta. Stava ancora respirando affannosamente, ma già riprendeva la sua maschera abituale. Si fissarono per un attimo.

— Anche se tutto ciò fosse vero — disse Annabelle Blair in tono conciliante ed anche un po' subdolo — Martin non era obbligato a uccidersi.

L'osservazione non meritava risposta. Torrant si chiese se al mondo esistesse bassezza che quella donna considerasse tale, e la vide riprendere rapidamente fiducia in sé. Solo qualche minuto prima, era stata un essere disperato e rannicchiato, troppo sconvolta dalla paura per cercare una qualsiasi uscita dalla trappola, e poi con una impercettibile transizione, eccola pronta a discutere della morte di Martin.

Era di nuovo fredda e tranquilla.

— Siete su una strada sbagliata, signor Torrant. Volevate molto bene a Martin, siete stato sconvolto dalla notizia della sua morte, quando siete ritornato, e non volete accettare il suo suicidio per quello che è. Non capisco che cosa speriate di ricavare da tutto questo.

— Cercate d'indovinarlo.

— Oh, posso indovinarlo. Ma voi siete abbastanza intelligente da capire che non riuscirete a concludere nulla, perché non potete.

Si allontanò dal camino, venendo verso di lui, e intanto lui notò che i suoi occhi non erano più così vuoti; come se fosse uscita dal suo nascondiglio per battersi.

— Martin era malato. Da solo comperò il sonnifero. Ritornò nella sua casa vuota, pensò a quello che stava per fare e si avvelenò. E con tutte le vostre chiacchiere, non potete farci proprio niente, signor Torrant.

 

17

 

— C'è un paio di cose che posso fare — disse Torrant, mantenendosi calmo sebbene gli pulsassero le tempie — non riguardo a Martin, ma riguardo a voi.

Annabelle gli rivolse un'occhiata interrogativa. Tutte le finzioni erano ormai cadute fra loro; lei stava opponendo apertamente le sue forze a quelle di lui. Torrant accese con calma una sigaretta.

— Non ho impegni di sorta... e potrò seguirvi ovunque. E potrò prendermi la briga di far sì che i vostri vicini, l'amministratore della casa in cui abiterete, le persone con cui cercherete di fare amicizia, sappiano in qual modo voi siete riuscita a conquistarvi la vedovanza.

— Nessuno vi crederebbe — rispose lei, ma sembrò leggermente scossa.

— Provate e vedrete. La gente ama credere al peggio, perché rompe la monotonia dell'esistenza. Quando poi non si tratta di pure e semplici chiacchiere, e quando tre persone che sono state successivamente in rapporti con voi sono morte a breve distanza di tempo, ce n'è a sufficienza per spettegolare, e per schivarvi. Naturalmente, potreste sempre denunciarmi.

Il tono beffardo le fece stringere le labbra e socchiudere gli occhi, ora attenti e brillanti.

— Ma non pensate sul serio di poter...

— Oppure — continuò Torrant come se lei non avesse aperto bocca — potrei tornare dal medico di Greenwich... com'è che si chiamava? Davies, ecco.

Annabelle si rilassò un po' e gli diede un'occhiata sprezzante.

— Sapete certo che i dottori non si lasciano mai coinvolgere volentieri in queste storie.

— Bah, quasi mai — rispose lui, sempre calmo. — D'altro canto, quando il dottor Davies mi aveva parlato del "trauma psichico" sofferto da Martin alla morte del padre, era chiaro che stava svolgendo uno dei suoi temi preferiti. C'è stata sicuramente un'inchiesta, ed io non sarò l'unica persona alla quale avrà spiegato... Come lo chiamava? "L'effetto delle sofferenze del padre sopra un bambino sensibile"... Un bambino di ventisei anni, detto per inciso. Davies potrebbe benissimo sentirsi offeso, se vedesse il certificato di morte di John Fennister, attestante nero su bianco l'infarto alle coronarie. Non mi è sembrato un tipo che ami esser preso in giro.

Gli sembrava quasi di vedere il lavorio del cervello di Annabelle, che esaminava quell'ipotesi, non del tutto convinta, eppure preoccupata, rigirandola da tutte le parti, per trovare una via d'uscita. Lei s'inumidì le labbra, ed esclamò con aria di trionfo: — Martin... non era in sé. Fu questo il risultato dell'inchiesta, no? Suicidio, mentre non era nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Lo choc per quel che gli aveva detto il dottore, gli aveva fatto perdere la testa, e...

— E non sapeva come e quando morì suo padre? — le chiese lui con voce suadente, e si chinò per schiacciare la sigaretta. — Se fossi in voi, Annabelle, mi guarderei bene dal ficcarmi in un vespaio del genere.

La donna fece un ultimo tentativo disperato, riuscendo perfino ad abbozzare un sorriso: — Ma non state scalzando la vostra stessa ipotesi, signor Torrant? Dopotutto, un suicidio riconosciuto per tale, un incidente d'auto, un annegamento fortuito... Anche il dottor Davies, o forse dovrei dire proprio il dottor Davies, potrebbe pensare che avete un'idea fissa.

— Ho un'idea fissa — rispose lui deliberatamente, e le si avvicinò. Vide una mano di lei alzarsi ad afferrare la mensola del caminetto mentre l'altra si contraeva lentamente e restava rigida lungo il fianco. Lo fece pensare ad un'arma dall'apparenza innocua. Continuò: — Riusciste a cavarvela allora, con Martin. E anche con la signora Partridge vi è andata alla perfezione, vero? Non sarebbe buffo se fossero proprio Gerald e Louise Mallow a mettervi nel sacco?

Rivide l'espressione guardinga e di attesa di Simeon, la curiosità crudele che si nascondeva dietro l'affabile sguardo azzurro della signora Kirby, e disse: — E questo potrebbe avvenire in qualunque momento, ormai, risparmiando a me ogni fastidio.

Silenzio assoluto, rotto solo dallo strusciar di un ramo contro una delle finestre buie. Nessun movimento, soltanto una lama di luce si proiettò un istante sul tappeto, impallidì e scomparve con l'ondeggiar dei salici. Finalmente Annabelle era con le spalle al muro, ma dopo una sola occhiata alle sue palpebre chiuse nel volto fattosi di cera, Torrant si accorse che non aveva più alcun desiderio di osservare i particolari.

Forse Maria gli aveva comunicato un po' del suo disgusto, oppure era la mancanza completa di reazione da parte della donna a lasciarlo con una collera spenta invece che esultante di trionfo? Si era aspettato un atteggiamento sprezzante o di sfida, aveva sperato che lei cercasse di giustificarsi; non aveva contato su quell'atteggiamento rassegnato. Sembrava un animale, né domestico né ostile, preso in trappola dal cacciatore, che aspetta soltanto di essere ucciso.

O non era forse e meno semplicemente un altro trucco, una tattica disarmante adottata da un'artista? Chissà che cosa stava escogitando dietro le palpebre chiuse. Di colpo si sentì disgustato, anche fisicamente, di Annabelle Blair, si allontanò da lei e indossò il cappotto.

— Signor Torrant...

Non aveva certo creduto a quell'atteggiamento di sconfitta. Alla porta si fermò, voltandosi a guardarla con aria minacciosamente interrogativa. Gli occhi della donna erano di nuovo vivi e brillanti, come se durante quel minuto avesse trovato una scappatoia. Che volesse offrirgli del denaro? Si trattava certo di una proposta di qualche genere; poté vedere, oltre che udirlo, il profondo respiro che lei emise.

— Di qualunque cosa si tratti, no — disse aspramente e la sorpassò.

Alle sue spalle la donna chiese: — Che cosa intendete fare?

Torrant giunse alla porta e l'apri. — Se fossi in voi, comincerei a chiederlo a me stessa. Ma non fate nulla... di violento, Annabelle.

— Non temete, signor Torrant, non lo farò. — E il vago, triste sorriso riapparve per un istante sulle sue labbra.

 

Quanto tempo sarebbe passato prima che lei facesse una mossa?

La domanda tormentò Torrant lungo tutto il ritorno fra i campi grigi e squallidi. La sua collera era svanita, e per il momento poteva guardare ad Annabelle come ad un problema astratto che doveva risolvere. Non sarebbe certo partita da Chauncy prima che il testamento di Gerald Mallow fosse omologato, e quando avesse deciso di partire avrebbe certo voluto tagliare tutti i ponti per sempre.

E con ciò le restava... una settimana? O due settimane? Torrant non s'intendeva molto di pratiche legali, ma la morte dei Mallow risaliva a sole cinque settimane addietro e il cammino della procedura è lento. Comunque, adesso questo periodo di tempo sarebbe stato ben diverso per lei. Si era servito deliberatamente dei Mallow come di uno stimolo e aveva toccato nel segno. Annabelle, in cerca di sospetto nella cittadina, ne avrebbe trovato dappertutto.

Era proprio quello che lei aveva fatto a Martin... aveva seminato la menzogna, e atteso che questa crescesse fino a ucciderlo. Martin era stavo vulnerabile, e in fondo, nonostante tutta la sua ostentata indifferenza, anche Annabelle Blair aveva il suo punto debole.

Il grigio pomeriggio stava perdendo anche quel po' di luce, gli arbusti di lillà, nel cortile dietro la casa della signora Judd, ondeggiarono lievemente ai primi soffi di vento. Torrant entrò in casa e si fermò nel vestibolo, stupito del silenzio. Dopo un momento si diresse alla cucina e aprì la porta. — Signora Judd?

Non c'era, la grande cucina dai mobili antiquati era deserta, e deserto era il tinello retrostante. Pensieroso, Torrant ritornò nel vestibolo, tese una mano verso l'apparecchio telefonico, ma si fermò e si avvicinò invece al tavolo sotto lo specchio. Un foglietto piegato era infilato sotto il vaso dei fiori finti, sul verso esterno era scritto di mano della signora Judd: "Signor Simeon".

Torrant l'aprì senza esitare, ma le poche parole non dicevano gran che: "La signora Kirby ha chiesto due volte di voi, e vi prega di chiamarla".

La signora Kirby, artista del compromesso, capace di volta in volta di correre con la lepre e di cacciare coi cani... La porta d'ingresso improvvisamente girò sui cardini e lui ebbe giusto il tempo di mettersi in tasca il biglietto, prima che Simeon entrasse. Disse con noncuranza con un cenno al telefono come se l'avesse appena posato: — La signora Judd non c'è... la signora Kirby ha lasciato detto di chiamarla.

— Ah? — fece l'altro inarcando le sopracciglia. — Forse Annabelle si è finalmente decisa a vendere. Mentre siamo qui, mi chiedo se non vi dispiacerebbe levarmi una curiosità, signor Torrant. Che significava stamane tutto quel vostro interessamento agli occhiali della signora Mallow?

— Niente di particolare. Ma c'è qualcun altro a cui interessano talmente da spingerlo a introdursi nella rimessa per prenderli, dopo che la signorina Rowan li aveva trovati e lasciati cadere.

— La rimessa? — ripeté Simeon. — L'auto, gli occhiali... capisco. Ma Annabelle ha la chiave del garage.

Torrant non si prese la briga di spiegargli che le serrature erano state cambiate; aveva la sensazione che l'altro lo sapesse e volesse solo sondarlo. Era difficile dirlo, perché il viso appuntito e gli occhi da pappagallo astuto costituivano da soli uno schermo. Simeon era venuto al mondo con una maschera sul viso. Cercò in tasca una sigaretta, stando bene attento a non far uscire il biglietto della padrona di casa, perché l'altro non gli levava gli occhi di dosso.

— Per motivi che non starò a spiegarvi ora — proseguì Simeon adagio — non sono stato del tutto sincero quando vi ho parlato della mia venuta a Chauncy e. per essere franco, debbo dirvi che fui molto meravigliato quando Annabelle mi mando a chiamare. Io la rispetto; oltre che una segretaria di prim'ordine. è una donna d'intelligenza straordinaria, ma ero quasi sicuro di trovare delle prove di una sua qualche partecipazione all'incidente. Mi sarebbe bastata una qualunque testimonianza, diretta o indiretta.

Fuori, lontano, passò un'automobile. Torrant era fermamente deciso a non lasciarsi suggestionare dal tono di voce fluido e stranamente convincente. Accese l'ultima sigaretta che gli restava, accartocciò il pacchetto vuoto e si finse concentrato a lanciarlo nel portaombrelli della signora Judd.

— Ma — continuò Simeon, disorientato per un attimo — non ha proprio fatto niente, signor Torrant. Nonostante tutte le coincidenze, l'incidente in cui perirono i Mallow... fu solo un incidente.

— Tutto questo mi delude — rispose Torrant con vivacità. — Avevo l'impressione che i rapporti tra voi e Annabelle fossero in verità troppo stretti perché osaste sospettarla d'omicidio.

Simeon sorrise. — Non negherò di averla vista spesso a suo tempo... diciamo, quando era la signora Fennister. E, data la situazione, non ero certo innamorato della sua anima candida.

Era forse un'ammissione del modo adottato per eliminare Martin, oppure soltanto del fatto che Annabelle era una moglie infedele? Di colpo Torrant fu stanco di tutti questi indovinelli. Cominciò a salire la scala, ma si fermò al primo pianerottolo udendo la voce di sotto che chiedeva un numero al telefono.

Simeon parlò: — Signora Kirby? Mi han detto che avete chiamato? — Una breve pausa e poi: — Tutt'altro, capita... — Un'altra pausa: — Dieci minuti, quindici al massimo... Naturalmente.

Torrant fece di corsa le altre due rampe; ed era alla finestra della sua stanza, a guardare nella strada vuota, quando Simeon giunse al terzo piano. La porta dirimpetto si apri e richiuse, e così restò, nonostante le parole che parevano sottintendere un'uscita imminente.

Torrant rimase alla finestra, inquieto. Non gli piaceva il crepuscolo che infittiva, né il vento che si faceva più rabbioso, e neppure il fatto che nessuna delle donne, vestite di scuro, che passavano rapidamente sotto gli alberi spogli, fosse la signora Judd. Alle quattro e un quarto, andò in centro per comprarsi delle sigarette e fare una telefonata a Maria Rowan, dalla cabina chiusa nel retro dell'emporio.

 

Maria posò il ricevitore con sollievo e una certa cautela, quasi temendo che un rumore un po' forte potesse risuscitare nella stanza la tensione della notte precedente. Si era ridotta al punto, che le sarebbe sembrato assurdo solo una settimana innanzi, di esser contenta di sentirsi dire quel che doveva fare; quando Torrant le disse concisamente che le avrebbe fatto trovare un'altra camera in città dalla sua padrona di casa, e che se era pronta sarebbe passato a prenderla alle cinque, rispose soltanto: — Si, mi terrò pronta. E... vi ringrazio.

Come aveva potuto pensar di passare un'altra notte in quel posto? Naturalmente la risposta era che non ci aveva pensato affatto; a un tratto aveva compreso il significato che avevano gli occhiali di Louise, ed era pieno giorno, mentre Torrant era lì. Non aveva pensato a quel che sarebbe stato il pomeriggio che incupiva, né ai rumori che avrebbe fatto il vento, assorbendo altri suoni più vicini, né alle ore di oscurità che sarebbero seguite. E il sonnellino non era servito a niente. Non era abituata a dormire di giorno; si era svegliata di malumore con se stessa e con gli altri, e gli oggetti più normali le apparivano stranamente nemici.

Benissimo, avrebbe preparato la valigia, e accettato il fatto che stava di nuovo fuggendo, perché era incappata in qualche cosa che era più forte di lei, mentre avrebbe dovuto sapere fin dal principio che non ce l'avrebbe fatta. Non servirebbe a Louise se... Le pantofole e la vestaglia appesa dietro la porta del bagno, disse rapidamente fra sé, Annabelle starà facendo qualche cosa, non è possibile che sappia che tu stai preparando le valigie. E anche se lo sapesse, è quello che vuole, no?

Come in risposta, il telefono squillò. Maria si volse a guardarlo continuando ad avvitare il tappo a un flacone d'acqua di colonia. Al quarto squillo, pensò che poteva trattarsi di Torrant che richiamava.

— Signorina Rowan? — era la voce di Annabelle Blair, fredda e autoritaria, che non sentiva neanche il bisogno di presentarsi. Che volesse chiederle se aveva deciso di accettare la sua offerta e andarsene docilmente? — Potrei vedervi per qualche minuto?

— Sono... sto per entrare nel bagno proprio in questo momento.

Più tardi allora?

— Mi rincresce — rispose Maria, irrigidendosi al velato tono ironico — ma dopo debbo uscire. Non andrebbe bene domani?

— No — rispose Annabelle, e poi la sua voce mutò leggermente. — Sto per lasciare la città. E pensavo che vi interessasse sapere esattamente quello che accadde prima che vostra cugina morisse.

— Mi avete detto abbastanza ieri sera.

— Si, ma non tutto.

Ed ecco l'esca allettante e quasi irresistibile, contro cui Torrant l'aveva messa in guardia. Le parve di risentire la sua voce, minacciosa sotto l'apparente leggerezza: "Non ritornate mai più a prendere il tè con Annabelle". Ma la strada sarebbe stata un posto abbastanza sicuro, anche se cominciava a imbrunire. Vanguard Street non era una strada molto frequentata, ma un'auto passava pure, di tanto in tanto... Con uno sforzo considerò la cosa dal punto di vista di Torrant. e non cedette.

— Mi dispiace — ripeté e posò il ricevitore.

Anche nelle migliori condizioni di spirito non era brava a fare le valigie, cominciava ordinatamente ma finiva infilando tutto a casaccio dove le capitava. Ora sembrava ci fosse una cortina di vuoto tra la sua mente e le mani, cosicché si fermò a fissare con aria distratta una scarpa scompagnata e la spazzola dei capelli, messe accuratamente insieme in fondo alla valigia.

Così non andava; intanto doveva rimettere in ordine la cucina, per lasciarla come l'aveva trovata. Fini la valigia e passò nella piccola alcova, concentrando l'attenzione sulle fila di coltelli, forchette e cucchiai, le due tazze appese agli uncini e i piattini sotto di esse. Pulì la minuscola ghiacciaia, ripose il fornellino elettrico, lavò i portacenere e lucidò l'acquaio. Alle cinque meno venti, eccetto che per la valigia posata vicino alla porta col cappotto, la borsetta e i guanti appoggiati sopra, la stanza appariva pronta a ricevere un altro inquilino.

Passò nel bagno, per darsi di nuovo un po' di cipria e di rossetto e nel corso dell'operazione scoprì lo spazzolino da denti. Il vento mormorava intorno alle pareti della rimessa, dal cielo qualcosa, pioggia o neve mista a pioggia, cominciò a picchiettare contro le finestre. Maria apri la valigia, infilò lo spazzolino da denti e prese il suo morbido cappello blu, un'edizione ridotta del cappuccio da marinaio, di maglia di lana, che restava infilato con qualsiasi vento o cattivo tempo. Aveva già messo via la sveglia da viaggio, ben sistemata fra sottovesti e camicie da notte, ma dopo aver fumato un'ultima sigaretta e indossato il cappotto, calcolò che fossero quasi le cinque.

Spense le luci, e la lunga stanza, già estranea, sprofondò quasi completamente nel buio. Per un momento non le sembrò vero, mentre sostava sulla soglia, di averci dormito, d'essere stata seduta a leggere nella poltrona che ora era una macchia nera, d'aver riscaldato la minestra in scatola e cotto le uova strapazzate su quel banco che ora luceva solo vagamente nell'oscurità. Accese la luce nel garage, poi chiuse la porta su un brevissimo periodo sgradevole della sua esistenza e scese la scala per andare ad attendere la buffa piccola auto di Torrant.

Probabilmente era passato qualche minuto, anche se non se n'era accorta, e lei si trovò a guardare dritto in un volto che si trovava dietro il vetro appannato della porta del garage.

Maria tenne il fiato, che rimbombò nelle sue orecchie più forte del vento e del picchiettio della neve bagnata. Quando Annabelle disse con tono quasi indistinto ma imperativo: — Signorina Rowan, basterà un minuto — non le restò, comunque, da fare altro che girare lentamente la chiave nella serratura, spingere la porta e uscire nel crepuscolo. Non richiuse la porta alle sue spalle, e sotto le sue dita inguantate il saliscendi le diede una sensazione di solidità e sicurezza.

Era l'ora ingannevole, in cui il giorno appare quasi nero, visto da un interno illuminato, e nebulosamente chiaro fuori, sotto il cielo aperto. La neve bagnata pungeva il viso di Maria ed aveva inzuppato i capelli di Annabelle; nonostante il riparo che offriva il garage, nessuna delle due donne si mosse; il sorriso di Annabelle si vedeva appena.

— Non abbiate paura, signorina Rowan, non vi tratterrò.

— Non ho paura — rispose Maria con fermezza.

Un improvviso colpo di vento sollevò la falda gocciolante del suo berretto, e lei alzò macchinalmente la mano. Annabelle la guardò e disse con voce strana: — Di nuovo, Maria? — e fece un passo avanti, che parve non calcolato, finché, un secondo o due dopo, passò un'automobile mandando un ventaglio di luce. I fari avrebbero rivelato soltanto la porta aperta di una rimessa... Ma Torrant stava per arrivare ormai da un momento all'altro. Maria riuscì a mantenersi calma, spinse la porta contro il muro, togliendo così qualsiasi riparo, e disse: — Che cosa?

Annabelle sorrideva ancora, riflettendo. — Forse per via del cappello, immagino. Per un momento mi è sembrato che aveste tredici anni, mentre tenevate l'orlo del cappello... — Una pausa, e poi continuò adagio sul fruscio della neve che cadeva: — Lo sapete, vero, Maria?

Per Maria fu quasi come un attacco di mal di mare; ai suoi occhi tutto si confuse, roteando e ondeggiando vertiginosamente. Non riuscì a pensare a niente, ma udì la sua voce mormorare: — Sì, lo so.

— Allora... — L'altra aveva avuto uno scatto nel buio. Annabelle si era interrotta e stava guardando oltre le spalle di Maria, col capo sollevato come in ascolto. — Ho l'impressione di aver udito qualcosa.

Ma non c'era altro che il mormorio attutito della neve... Involontariamente, spinta da quello sguardo che cercava di vedere dietro di lei, Maria si voltò. Non le passò per la mente ancora stordita che si trattava del trucco più vecchio della terra. Si voltò, e due mani si strinsero intorno alla sua gola.

 

18

 

La notte era scesa improvvisamente su quella giornata caliginosa. La neve e il vento deformarono beffardi la scena inquadrata dai fari di Torrant, cosicché per un istante, mentre la Renault giungeva davanti al garage e si fermava con uno schianto, lui non fu certo di quello che vedeva.

Saltò fuori lasciando il motore acceso e lo sportello spalancato, perché ora la luce gli rivelava l'unica cosa che per lui contasse in questa o qualsiasi altra scena: il volto di Maria, contro la porta della rimessa, gli occhi chiusi, le labbra semiaperte come se le mancasse il fiato. E davanti a lei, con le mani sul suo...

Simeon si girò di scatto. I fari della macchina fecero risaltare contro l'oscurità la sua faccia da uccello, bianca, segnata da una lieve traccia di sangue che scendeva dal sopracciglio lungo la guancia. Disse bruscamente: — Non ha nulla. Restate con...

Il resto della frase si perse nel rumore dei suoi passi rapidi e nello scrosciare della neve pesante. Maria fece un passo in avanti incespicando e Torrant l'afferrò e la tenne stretta. Il suo respiro era rauco e spasmodico, come se fosse quasi svenuta. Quando si fu un po' ripresa, lui le alzò il viso e la baciò delicatamente sulla guancia. — Bene. Dov'è lei?

Maria lo fissò con occhi spalancati per un buon momento, prima di esclamare: — Oh, cielo! — sgusciargli dalle braccia e mettersi a correre attraverso la strada, su per il ripido ciglio verso casa Mallow; qui Torrant la prese per un braccio, e lei, ansando, disse qualcosa d'inintelligibile e si liberò furiosamente.

La porta bianca, di solito così ben custodita, era spalancata e lasciava cadere una luce dorata sulla neve, sul rampicante e sul prato buio e gelato. Nessun segno di Simeon. Ecco il piccolo vestibolo e l'arcuata rampa delle scale, la cupa stanza di soggiorno piena del silenzio che sembrava incorporato nelle sue stesse mura. E tutt'a un tratto, ecco comparire sulla soglia del salotto rosso Annabelle Blair, che doveva averli visti entrare, Annabelle Blair che teneva con aria noncurante una rivoltella in pugno.

E Maria accanto a lui! Con una piccola parte di cervello, libera dall'ansia per Maria, Torrant esaminò la rivoltella, quasi certamente una calibro 32, e poi la mano che la stringeva. Era quella che bisognava tenere d'occhio, tanto più che non sembrava sicura ed efficiente come la rivoltella.

Si spostò di fianco con cautela, tenendo d'occhio le dita pallide, ma Annabelle continuava ad osservare Maria con un pallido sorriso inverosimile. — Gerald certo non pensò mai che mi sarebbe servita. Buffo, no?

Bisognava distogliere la sua attenzione da Maria.

— Buffo un corno — disse. Vide gli occhi della donna turbarsi e cominciò a muoversi. Si fermò quasi subito, arrestato da qualcosa di impossibile e allo stesso tempo ripugnante. E dietro di lui, con un'eco del suo stesso smarrimento, Maria ripeté più lentamente:

— Annabelle Blair è morta. Era nell'auto con Gerald, ed ormai è morta da... cinque settimane, vero? Questa è mia cugina, è Louise.

 

— Ho telefonato alla polizia, e ho dato l'indirizzo della signora Judd — diceva Louise Mallow cinque minuti dopo. Sembrava non volesse fare il nome di Simeon, come per paura di vederlo ricomparire. Ho cercato di lottare con lui, là fuori, poi mi sono ricordata della rivoltella di Gerald e sono corsa a prenderla. Ho pensato che volesse uccidermi... È arrivato fino al prato e sembrava impazzito. Anche quando ha ripreso a fuggire, ho avuto paura a posare la rivoltella.

Aveva esaminato ansiosamente la gola di Maria. Adesso era rossa e dolente, l'indomani sarebbe stata orribilmente violacea. Aveva insistito perché Torrant preparasse da bere per Maria e per sé, ma non aveva toccato il proprio bicchiere. Senza tanti preamboli cominciò:

— Non so quanto tempo mi resti prima che arrivi la polizia. Comunque penso che farei meglio a cominciare dal principio.

Louise, continuava a ripetersi Torrant con fermezza, non Annabelle. Dopo tutti quei giorni spesi a osservarla, studiarla, adescarla, si trovava di fronte una donna che, in modo sconcertante, era sempre la medesima, pur non essendo la stessa persona. Composta, ma non l'automa che aveva fatto di se stessa. Gli occhi non avevano più quell'espressione assente, ora che non si nascondeva dietro la personalità di un'altra, ma appariva qual era: calma, amareggiata e sincera. Con rinnovato stupore comprese che quello che lui aveva ritenuto un astuto travestimento era invece l'aspetto normale di questa donna stanca.

Ora stava parlando a Maria.

— Voi ricordate, ma non credo, perché eravate ancora bambina, che tutta la famiglia diceva che Gerald mi sposava solo per il mio denaro? Avevano torto... Gerald era ancora peggiore...

— Ma le vostre lettere — la interruppe Maria in tono leggermente interrogativo — le cartoline...

Louise si strinse nelle spalle. — Non è piacevole dover riconoscere di aver fatto la figura della stupida, quale tutti mi definivano. Chiesi il divorzio a Gerald prima che fossero passati sei mesi... ma c'era il denaro, sul quale lui non aveva ancora messo completamente le mani. Ed era molto prudente nelle sue... relazioni extraconiugali. In questo era veramente un esperto.

Torrant fissava una sigaretta spenta; con la coda dell'occhio poteva vedere Maria, seduta accanto a lui, che stringeva nervosamente le dita allacciate. Nonostante la loro presenza, la voce monotona di Louise continuò a riferire fin nei minimi particolari. Fin dal principio Gerald le era stato infedele, dissimulando le relazioni con importanti rapporti d'affari e interessi commerciali, non perché desiderasse risparmiare Louise, ma perché era deciso a non darle nessun pretesto per divorziare. In fondo, lei gli era necessaria per tenere la casa e ricevere gli ospiti, uno sfondo irreprensibile, e forse soprattutto un'ancora di salvezza quando qualcuna delle sue relazioni giungeva a un punto critico.

Finché non aveva incontrato Annabelle Blair.

— Era un po' più alta di me — spiegò Louise parlando adagio — e aveva una bellissima linea ed una specie di, come dire... potere magnetico. Qualcosa in lei che attirava lo sguardo e faceva venir voglia di star a guardarla. Ricordo la prima volta che l'incontrai, una sera che Gerald la portò a casa per cena. Ci raccontò che era rimasta vedova circa sei mesi prima, e che suo marito, un pilota collaudatore, era caduto durante un volo sperimentale.

Torrant era assorto a spiegarsi, per la prima volta, il mistero di ciò che aveva attirato Martin verso una donna che l'avrebbe deliberatamente ucciso, "qualche cosa che faceva venir voglia di guardarla..." avrebbe sedotto Martin più che qualsiasi altro uomo; era proprio quello di cui era sempre a caccia col suo apparecchio fotografico. Adesso sollevò gli occhi bruscamente, ricordando le parole di Louise quando lui aveva per la prima volta affrontato l'argomento della morte di Martin: "era sempre possibile... dato il mestiere di Martin".

Lui le aveva considerate freddamante provocatorie, ma invece Louise aveva creduto alla storiella di Annabelle sul marito pilota. Fissò la donna seduta davanti a lui, e per la prima volta cominciò a rendersi conto delle sofferenze che aveva contribuito a crearle.

Tre mesi dopo l'incontro con Annabelle, proseguì la voce tranquilla, Gerald si era presentato a Louise chiedendole di divorziare. Non aveva fatto il conto con la profonda amarezza e acrimonia accumulatesi in dodici anni di umiliazioni; il rifiuto di Louise lo lasciò dapprima stupefatto e poi furibondo.

— Ormai l'orgoglio non c'entrava più — disse Louise quasi cercasse di spiegare a se stessa. — Gerald aveva una tale fiducia in sé, era così abituato a ottenere sempre quel che voleva. Spremeva cose e persone fino in fondo, poi le buttava da parte e per lui era finita... ma non era finita per me, ed in un certo senso era proprio quello che avevo desiderato per anni: vederlo desiderare qualcosa che non poteva avere. Ricordo che quella sera scappò di casa furioso come non l'avevo mai visto. Tornò il giorno dopo, come se nulla fosse accaduto, portandomi — e la bocca le si torse con disgusto — il ramoscello di ulivo, cioè una borsetta di coccodrillo. Disse che un viaggetto avrebbe fatto bene a entrambi, e siccome si trattava d'un viaggio d'affari oltre che di una vacanza, avrebbe avuto bisogno di Annabelle Blair. Così venimmo qui, Gerald, Annabelle e io.

La stanza ricadde nel silenzio, come per assimilare quei tre nomi. Improvvisamente Louise si alzò e si avvicinò a una delle finestre che davano sulla strada, per guardare se arrivava qualche auto oppure per non lasciar trasparire la lotta intima che sosteneva per mantenere quella calma che rasentava il distacco assoluto. Voltandosi, disse: — Non so se riuscirò a farvi capire. Avrei dovuto accorgermi subito di quel che stava succedendo, ma benché ormai conoscessi Gerald alla perfezione, non sapevo che esistessero donne come Annabelle.

Torrant comprese immediatamente: tutto questo l'aveva già confusamente pensato, salvo il fatto che l'aveva applicato alla donna sbagliata. Accanto a lui, Maria emise un profondo sospiro e restò seduta in un silenzio tormentato mentre Gerald e Annabelle, chiamati dalla voce controllata che veniva dalla finestra, si alzavano dalle loro tombe coperte di mirto e tornavano a occupare le stanze piene di ombre.

Ecco Annabelle, annoiata, che dipingeva l'altro salotto in rosso vivo, e diceva che a Chauncy piaceva un mondo farne di tutti i colori, Annabelle che dava gli ordini alla signora Partridge, perché Gerald aveva detto a Louise in presenza della stessa signora Partridge: "Tu hai la tendenza ad essere troppo molle con la servitù". Ed ecco Gerald che chiedeva a Louise di preparare la colazione perché lui e Annabelle avevano della corrispondenza da sbrigare, e poi dall'alto giungevano le loro voci basse, interrotte da scatti di riso, invece del ticchettio della macchina da scrivere.

C'erano le volte in cui tutti e tre uscivano a pranzo. Annabelle, lussuosamente abbigliata e impellicciata, Louise modestamente in nero. Gerald ordinava per sé e Annabelle con meticolose istruzioni sul come doveva o non doveva esser preparata la salsa oppure l'insalata; per Louise si sbrigava in fretta. E poi una sera, il cui ricordo ancora la pungeva dolorosamente anche solo a parlarne, dopo la partenza della signora Partridge per il Connecticut.

Louise si era infine ribellata al fatto di dover sbrigare da sola tutti i lavori di casa, ma verso le cinque e mezzo non aveva potuto resistere alla vista della cucina in disordine, con pile di piatti sporchi sparsi ovunque. Si era messa una sottana qualunque e il pullover più vecchio che aveva, e rimboccate le maniche aveva cominciato. Alle sei Annabelle era scesa per preparare i cocktail per sé e per Gerald, lasciando dietro di sé un vassoio di cubetti di ghiaccio mezzo fusi e qualche buccia di limone scartata.

Nel forno stava cuocendo un arrosto, Louise aggiunse le patate e tornò all'acquaio. Alle sette udì dei passi per le scale e Gerald e Annabelle fecero la loro comparsa in cucina, Gerald roseo e sbarbato alla perfezione, e Annabelle con la sciarpa di martora intorno alle spalle.

Annabelle disse: — Abbiamo pensato di uscire... tanto per cambiare. Sono secoli che non andiamo fuori. — Ed alle sue spalle Gerald soggiunse amabilmente: — Che ne pensi, Louise?

Lei lanciò un'occhiata dubbiosa al forno. L'arrosto non sarebbe andato a male, ma la schiena le doleva a furia di star china sul basso lavandino antiquato, e avrebbe dovuto vestirsi... Annabelle sbatté i guanti sul palmo delle mani, dicendo melliflua: — Venite così.

 

Così: con una vecchia sottana e una maglia ancor più vecchia, scarpe senza tacchi, le mani arrossate dall'acqua calda, i capelli ancora umidi sulla fronte dove li aveva ricacciati indietro coi polsi insaponati. E gli altri due lo sapevano benissimo: era solo un noncurante incrudelire. Louise aveva risposto con fermezza: — No, grazie. — E poi: — Anche stasera avete preso la mia borsetta? Vi sarei proprio grata se voleste lasciarmi almeno gli occhiali.

Annabelle aveva dato un'occhiata sopra le spalle, rispondendo in tono beffardamente contrito: — Mi rincresce davvero; cercherò di ricordarmene.

Forse era stata quella sera a innervosirli, perché i giorni successivi Louise cominciò a notare che Gerald la osservava pensieroso, mentre Annabelle rifuggiva il suo sguardo, quasi spaventata.

— Avevano voluto rendere la situazione intollerabile, per costringermi ad andarmene e concedere il divorzio a Gerald. Non sapevano, né l'uno né l'altra, che quando si odia veramente qualcuno, si può sopportare qualsiasi cosa. A ogni modo Annabelle non era abituata a stare in campagna, e io sentivo la sua paura di me crescere e comunicarsi a Gerald. Allora lui cambiò il testamento, e me lo disse.

Era rimasta sbalordita, aveva bisogno di tempo per pensarci. Ma prima che potesse giungere ad una qualsiasi conclusione Gerald e Annabelle uscirono insieme, di sera, per l'ultima volta.

— Prese di nuovo la mia borsetta — e la voce sonò improvvisamente sottile e lontana — e immagino che, arrivata nel garage, si sia ricordata degli occhiali, ma non volle prendersi la briga di riportarmeli indietro. La borsetta era l'unica cosa che mi invidiava. Avevano già bevuto qualche cocktail, e uscirono verso le sette. Doveva essere quasi mezzanotte, quando il dottore si presentò alla porta. Ero ancora alzata, che cercavo di decidere che cosa avrei dovuto fare...

Gli abitanti di Chauncy avevano avuto tre settimane per trarre le loro deduzioni; inconsciamente Louise si era protetta ai loro sguardi, non rivelando completamente la propria situazione. Quando il dottore aveva detto con gentilezza: — Dovete farvi forza, signorina. C'è stato un incidente e la signora e il signor Mallow sono morti entrambi, quando l'auto... — lei aveva scosso il capo stupidamente, mormorando: — Il signore e la signora... — ed era svenuta.

 

Torrant le disse in tono imbarazzato, perché non sapeva più come rivolgersi a quella donna: — Non avete ancora bevuto una goccia, signora Mallow.

— Non ne ho voglia. Vorrei riuscire a spiegare... Fui come folgorata, e per un poco non riuscii a connettere. Il giorno dopo il medico mandò un'infermiera, che continuò a chiamarmi signorina Blair. Pensai all'umiliazione di rivelare la verità, e poi — continuò, alzando bruscamente il capo — pensai al denaro. Innanzitutto era il mio denaro, e quanto era avvenuto in fondo poteva anche sembrare una semplice restituzione. Gerald aveva deliberatamente portato in giro con ostentazione Annabelle, che tutti credevano sua moglie, e mi rese quindi facile trasformarmi nella signorina Blair. Non so che cosa mi diede l'illusione che avrei potuto cavarmela.

Tuttavia tutto le era sembrato semplice, nella nebbia dello choc. Aveva la borsetta, piena di prove d'identità, lasciata da Annabelle. Quella sera passò delle ore a imparare a tracciar la firma che a un certo momento sarebbe stata necessaria. Aveva trasportato tutta la sua roba nella camera da letto che era stata di Annabelle, mettendo nel grande armadio della stanza matrimoniale tutti gli abiti e le pellicce e la biancheria dell'altra. Oltre a questo non aveva fatto niente, perché la sua parte era soltanto passiva.

Ma era arrivata la cugina, che aveva dimenticato, e alla quale aveva scritto quella lettera dettata dalla solitudine. Ricordava che Maria era una bambina all'epoca del suo matrimonio e sapeva di essere cambiata molto, ma temeva che potesse riconoscere la scrittura e dire qualcosa di compromettente. Per questo motivo si era servita della chiave rimastale del garage per toglierle la lettera.

— Non volevo che foste coinvolta... ho agito da criminale, vero? — chiese a Maria. — Credo proprio di sì. Intendevo andarmene, quando tutto fosse finito, all'estero magari...

L'arrivo di Torrant a Chauncy l'aveva colta di sorpresa, non aveva mai capito che cosa lui volesse. Oramai sapeva che cosa pensare di Annabelle Blair, un'avventuriera travestita da signora, ma il pilota collaudatore le era rimasto vagamente impresso in mente, e non aveva mai pensato a un omicidio.

Finché non si era presentato Simeon.

Man mano che Louise parlava, Torrant lo vedeva bussare alla porta, i capelli lucenti al sole invernale, i malinconici occhi scuri che si spalancavano stupefatti sulla donna che gli aveva aperto. La profonda fluida voce che diceva dopo un po': — Annabelle, mia cara, come siete cambiata!

— Ed il peggio era — continuò Louise rabbrividendo lievemente — che lui mi... ammirava. Leggendo dell'incidente nei giornali, aveva pensato che fosse il caso di farsi di nuovo vivo con Annabelle, immagino, ma quanto aveva trovato era ancora meglio per lui. Volle concludere un accordo — e per la prima volta Louise si copri il volto con le mani — e disse che voleva la metà. Sapevo bene che non si sarebbe limitato a questo, i ricattatori non si fermano mai. E per tutto il tempo continuò a cercare delle prove della mia colpevolezza, probabilmente per avere un'arma più sicura contro di me. Col suo senso morale, non poteva credere ad una disgrazia.

Lo sguardo cogitabondo, il continuo rimuginare... Torrant li rivide distintamente e sollevò gli occhi al volto pallido dall'altra parte della stanza: — Signora Mallow...

— Lasciatemi finire. Gli chiesi del marito di Annabelle, e poco per volta lui mi lasciò capire una parte della verità. Credo che si divertisse a farmi scoprire il genere di personalità che avevo assunto. Non disse mai tutto, ma qualunque cosa Annabelle abbia fatto a Martin, l'idea era stata di Simeon. Annabelle era una buona esecutrice quando le avevano detto quel che doveva fare, ma aveva bisogno di qualcuno che la istruisse.

Torrant rimase immobile con uno sforzo. Non c'era scopo a buttarsi in caccia di Simeon, la polizia si era già mossa. Stette ad ascoltare quanto andava dicendo Louise. Un giorno, di pomeriggio, Simeon le aveva telefonato per domandarle informazioni su una certa signora Partridge e, presa alla sprovvista, lei gli aveva detto chi era. Lui aveva finto di non dare alcuna importanza alla cosa, ma aveva aggiunto che doveva parlarle e lo aspettasse per le sei e mezzo.

Era un alibi per lei, per il dopo, naturalmente, benché allora non potesse saperlo. Ma Louise non ebbe la forza di restare in casa, non riuscì a sopportare il pensiero di una visita di Simeon. Trovò la scusa dei libri da riportare alla biblioteca; chiamò un tassì, gironzolò per un po' in biblioteca e ritornò a casa. Erano passate le sette quando Paillette Kirby le aveva telefonato.

Mentre lei proseguiva, Torrant cominciò a coordinare dei particolari che aveva saputo da tempo. La debolezza per l'alcool della signora Kirby e il suo aspetto quasi sofferente quando si era scontrato con lei nel vestibolo superiore della casa, la sera successiva alla morte di Sarah Partridge. La sua reazione quando le aveva chiesto della visita fattale da Simeon la sera precedente, la sua austerità nuova di zecca di poche ore innanzi... e la chiamata telefonica di Simeon, che aveva ascoltato dal pianerottolo sovrastante? Dieci minuti, quindici al massimo, e poi "niente affatto, capita a..." voleva dire "capita a chiunque, di tanto in tanto"?

— Alanol — stava dicendo Louise lentamente, spossata — so che ne aveva perché me l'aveva offerto una volta. Alanol e alcool formano una mistura, che istupidisce del tutto. Cosicché avrebbe potuto prendere la macchina della signora Kirby, andare alla stazione ad aspettare la signora Partridge e tornare dopo... aver finito, e lei non avrebbe mai saputo che era uscito. Ricordo che sembrava completamente brilla, e continuava a scusarsi per aver trattenuto Simeon. Suppongo che sia stato lui a farla telefonare, dopo essere rientrato, in modo che io non potessi collegarlo con la signora Partridge. Immagino anche che lei provasse piacere a telefonarmi. Era sempre stata curiosa, nei miei confronti, forse sentiva che qualcosa non andava, perché mi si appiccicò subito dopo l'incidente, e non riuscivo più a liberarmene. Non potevo permettermi di essere dura con lei — aggiunse stancamente — perché è una donna veramente temibile.

Nel silenzio che seguì alle ultime parole, Torrant disse: — Se aveva dei sospetti, avrebbe potuto trovare qualcosa in soffitta? Fotografie, documenti?

Louise Mallow scosse la testa. — Stava cercando l'argenteria di famiglia o qualche altro oggetto di suo marito... per impegnarli, penso. Prima di finire in prigione, lui li aveva consegnati ai proprietari di questa casa, e quando uscì dal carcere se ne dimenticò oppure li lasciò perdere. La signora Kirby mi spiegò che era roba sua, ma naturalmente non l'avrebbe lasciata qui se fosse stato vero.

 

Torrant rifletté che avrebbe dovuto pensarci, non era verosimile che una delle più vecchie famiglie di Chauncy avesse acconsentito a tenere della roba di una nuova venuta, di cui, come gli aveva detto la signora Judd, tutti diffidavano. La roba di suo marito, sì, ma non la sua.

Nel silenzio la voce di Maria suonò diversa e come strozzata dalla sofferenza: — Allora tutto quel che mi avete raccontato ieri sera...

— ... è accaduto — l'interruppe Louise — ma non in quel modo. — Si avvicinò alla finestra e tornò indietro. Simeon aveva paura che restando qui mi riconosceste, e mi disse di liberarmi di voi. Altrimenti avrebbe provveduto lui. Per questo vi offrii del denaro, e voi rifiutaste, e benché fossi preoccupata, questo... mi fece piacere, penso, e perciò vi pregai di fermarvi per il tè. Avevo dimenticato per un momento chi ero, o meglio chi ero per voi, e rimasi allibita quando il signor Torrant si comportò in quel modo. Intanto non avevo ottenuto alcun risultato, ma la volta successiva dovevo riuscire a tutti i costi.

In breve, aveva aggiunto dei particolari fantastici ai fatti in cui c'era un germe di verità, ma nulla più. Siccome affittava ogni anno una casetta per la caccia, Gerald aveva voluto insegnarle a sparare, non curandosi del suo terrore delle armi e della sua riluttanza a uccidere qualsiasi cosa, perché lei poteva venirgli utile quando mancava un cacciatore per una partita di caccia. Nonostante le sue istruzioni, lei aveva paura dei boschi e il terrore di perdersi, ed in un momento di panico, le era sfuggito un colpo che aveva mancato Gerald per poco.

In quanto al sonnifero, una sera Gerald, completamente ubriaco, ne aveva preso troppo per sbaglio... da un'altra bottiglia che stava su un altro piano dell'armadietto. Lo stesso valeva per l'attacco dopo aver mangiato l'aragosta: aveva bevuto troppo e lo stomaco infine si era ribellato, e il dolore l'aveva fatto svenire.

— Cercai di fuggire una volta, anche prima di sapere con esattezza che cosa avevano combinato insieme Simeon e Annabelle — i suoi occhi incontrarono quelli di Torrant e lei sorrise con sforzo. — Quando seppi che Martin era stato assassinato e che Simeon aveva ucciso la signora Partridge, perché non potesse più smascherarmi, il denaro non ebbe più alcuna importanza per me. Nulla contava, salvo il fatto di fuggire e denunciare Simeon da un posto lontano e sicuro senza farmi conoscere — continuò Louise con un'occhiata alle finestre sul retro, rabbrividendo nuovamente — se un posto simile esiste sulla terra.

— Esiste, sì — fece Torrant con aria accigliata e guardò l'ora. Si chiedeva in quale recesso notturno Simeon sarebbe stato catturato, per rispondere anzitutto di un'accusa di tentato omicidio... perché sarebbe certo stato preso: Chauncy non era una città da cui si potesse saltare su un treno nell'urgenza del momento, oppure, in mancanza di questo, scomparire senza farsi notare. Si chiedeva che cosa Simeon avesse detto alla signora Watts per ridurla in quello stato di immobilità, quale minaccia il suo fertile cervello avesse escogitato in quella particolare emergenza. Di qualunque cosa si trattasse, avrebbe perso il mordente quando l'uomo fosse stato chiuso in carcere.

Louise disse, sempre con quel lieve sorriso forzato: — Non potevo andarmene senza parlarvi, Maria, e non pensavo certo di esporvi a un rischio così grave. Ero stata prudentissima e non capisco come abbia fatto Simeon a sapere...

— Lo so io — fece Torrant e spiegò, continuando a maledire se stesso per tutto il tempo. Aveva dato incarico alla signora Judd di trovare un posto sicuro per Maria per un po' di tempo, e chissà di quali disgraziate espressioni si era servita quella al telefono; "si tratta di una questione di vita o di morte" e "la giovane cugina della signora Mallow" e così via, quanto bastava comunque perché Simeon, che probabilmente stava origliando, decidesse d'intervenire prima che Maria si fosse allontanata dalla stanza sul garage. Forse aveva avuto l'intenzione di mettere in guardia Annabelle o di costringere Maria al silenzio con qualche minaccia nei confronti della cugina... però non aveva preso la sua auto, lasciandola invece dietro la casa della signora Judd a indicare che non era uscito, mentre invece lui correva per strade secondarie e attraverso i campi.

Aveva sentito Maria mentre diceva a Louise che sapeva; sfumava così tutto quel denaro che non gli sarebbe costato alcuna fatica.

Non un pappagallo, dopotutto, pensò Torrant ricordando la faccia appuntita, ma un uccello da preda. Simeon era giunto a un accordo per estorcerle il patrimonio dei Mallow; quanto gli aveva dato Annabelle del denaro ricavato dall'assassinio di Martin? Annabelle, che era già morta da tre settimane, quando lui aveva bussato alla casa di Bolton Road...

Maria si alzò dal divano con rapidità controllata, attraversò la stanza e prese la mano della cugina. Louise la guardò, alzando gli occhi grigi, chiari e tranquilli. — Sono dolente per tutto, Maria!

— Dolente? — fece Maria, e non era certo la contusione alla gola che rendeva la sua voce rauca e tremula. — Se fossi venuta quando mi avevi scritto...

Ma Louise era già lontana da lei. Si teneva immobile, e il suo sguardo si spostò da Maria incontrando gli occhi di Torrant, mentre riconosceva un rumore che si sovrapponeva al fruscio della neve, un lieve ronzio che si avvicinava sempre più; liberò gentilmente le mani da quelle di Maria e si alzò. — Lo choc — disse Torrant rapidamente, poiché da qualche minuto stava pensandoci — il dottore insisterà certo su questo, date le circostanze. Alla polizia voi dovete soltanto dire...

— Ma non me ne importa — fece lei, mentre la bocca le si contraeva in un pallido sorriso. Era una bocca simpatica, così rilassata, libera dalla paura. — Una volta pensavo che non avrei potuto sopportare che la gente sapesse la verità, nemmeno gli estranei... ma allora non sapevo chi fosse veramente Annabelle Blair. È così bello non essere più Annabelle Blair.

Il ronzio si fece più vicino e diminuì, la luce dei fari passò davanti alle finestre mentre un'automobile si arrestava dinanzi alla casa, una macchina nera con un piccolo faro rosso davanti. Louise disse a Torrant: — Volete farli entrare voi, per favore? Penso che farei meglio a salire a prepararmi.

Così gli restarono pochi fuggevoli secondi per esser solo con Maria, la ragazza che fin dal principio gli era sembrato facesse parte della sua vita; Maria che aveva trovato e quasi perduto. Non era il momento di dirglielo, era pallida, scarmigliata, e quasi fuori di sé. Guardò verso di lui con occhi che non vedevano, e disse in tono assente: — Una volta aveva chiamato Gerald col nome di battesimo, e questo dimostrava che con quel nome pensava a lui. E poi, stasera mi ha chiamato Maria, e non so perché, ma da quel momento non ho più avuto paura di lei.

Torrant la guardò e disse gravemente: — E io, come debbo chiamarvi?

Il picchiotto batté un rapido colpo perentorio e, dopo un lungo momento, lui andò ad aprire.

 

FINE